Lettera aperta al prof. Luigi Nicolais

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Caro prof. Nicolais,

ci siamo incrociati quando lei era assessore regionale ad un incontro sulle alternative all’inceneritore di Acerra, poi da  Ministro ad una conferenza dei servizi c/o il MATTM sulle aree SIN per come adeguarne il monitoraggio attraverso l’innovation technologies, ancora sostenendolo alla segreteria provinciale PD di Napoli finita miseramente ed infine sostenendola nella fallimentare elezione alla Presidenza della Provincia di Napoli.

Peccato, perché in quell’occasione avremmo potuto, in caso di vittoria, cambiare la politica sulle questioni ambientali in capo alle competenze provinciali, in quanto la sua posizione allora espressa, non mi sembrava affatto così marcatamente  in sintonia con l’incenerimento dei RSU.

In diverse occasioni ebbi modo di apprezzare la sua preparazione e serietà nell’affrontare problematiche approccianti i criteri di gestione dei piani relativi ai RSU che le venivano sottoposte.

Per questi pregressi mi permetto di scriverle in risposta alla sua intervista a il Mattino del 30 gennaio scorso dal titolo “Meglio un termovalorizzatore che un impianto di compostaggio”. Il succo è nella chiosa, appunto.

Non voglio entrare nel merito perché ne risulterebbe una lettera prolissa e proprio per la sua serietà professionale che ho richiamato all’inizio non sarebbe corretto e che spero di poter interloquire in seguito.

Lavorando da medico ginecologo sul territorio della provincia di Napoli, quindi lontano professionalmente dalle tematiche da lei affrontate nell’intervista, ma operando da anni nell’associazionismo del territorio che si batte per una migliore sostenibilità in particolare sul ciclo dei RSU, sia in chiave locale che nazionale, ho dovuto, mio malgrado, far fronte a tali lacune informative approfondendo con studi e con pratiche, verificando sistemi e teorie e soprattutto relazionandomi con chi sul campo è un vero “maestro”.

Cosa che mi ha consentito di essere in grado, almeno su tali tematiche, interloquire tecnicamente a favore o contro proposte e progetti intervenuti nel campo del ciclo dei rifiuti, sostenuti da studiosi, il più delle volte poco illuminati, o da amministratori che spesso anziché servire le proprie comunità con proposte sostenibili si manifestano del tutto proni a progetti che di sostenibilità e innovazione hanno poco a che fare ma che spesso sottendono un malcelato sostegno di lobby e economie che perseguono unicamente i propri profitti a discapito del bene comune.

Alla luce di tali premesse mi permetta di rivolgerle alcune riflessioni.                                    

Fatte salve le approssimazioni giornalistiche, a partire proprio dal titolo, credo che in una posizione come la sua sia oltremodo rischioso cadere in assolutismi, anche solo per rispetto di quelle tante comunità che in Italia hanno giustamente combattuto la costruzione di nuovi impianti di incenerimento.

E le posso garantire, per esperienza diretta, che spesso in tali contesti esistono eccellenze tecniche da poter contraddire anche scienziati illuminati e riconosciuti come lei. E, mi permetta di rispedirle l’accusa di “posizione ideologica”.

Noi siamo i primi a rigettare ogni forma di “ideologia” applicata a scelte economiche e industriali. Ma rigettiamo con altrettanta forza l’uso di  “slogan” che nascondono impreparazione sull’argomento se non palese incompetenza

C’è poi una riflessione di processo; pur comprendendo i disagi che alcune sostanze volatili, come i composti organici, possono creare si tratta pur sempre di odori e non di interferenti su metabolismo vitale. Credo, professore, che sia eccessivo paragonare la puzza di letame, che resta pur sempre puzza, con un’inalazione di Nox, ftalati, o altre sostanze aerodisperse che non sono avvertite da nostri recettori olfattivi.

C’è una riflessione specifica sugli impianti di compostaggio: quelli che creano problemi, e purtroppo ci sono, non sono il risultato di un errore complessivo, come lei erroneamente lascia trasparire dalle sue affermazioni, ovvero che il processo di compostaggio in sé puzza, ma puntuali errori di progettazione o ancor più frequentemente di gestione; è sufficiente un cattivo controllo del conferimento o un’altezza dei cumuli eccessiva o un numero insufficiente di rivoltamenti per creare odori. Ma l’Italia e l’Europa sono piene di esempi positivi con impianti che non generano alcun tipo di disagio per la popolazione; le porto un esempio della azienda pubblica di Porto (in Portogallo) dove un ottimo ristorante interno è allestito direttamente SOPRA l’impianto di compostaggio. Niente puzza, gliel’assicuro.

Poi vede, prof., l’impianto di cui si parla, in via di realizzazione dall’amministrazione comunale di Napoli per tramite di ASIA, è di quanto tecnologicamente più avanzato e in linea con tutti i parametri europei. Ovviamente senza appassionarci a tale tecnologia anaerobica che in certe situazioni (carenza di spazi e di scarti verdi) la stessa, combinata al compostaggio, risolve alcune criticità.
Anzi per le modalità con cui recupera il biogas addirittura si pone in linea con la proposta di Legge di iniziativa popolare verso Rifiuti Zero in discussione in Parlamento in queste settimane prevedendo che il biogas venga purificato in biometano e immesso in rete, senza combustione alcuna ma reso biodisponibile per l’autotrazione sostenibile.

Trattandosi poi di un processo anaerobico di biodigestione con maturazione del digestato in aerobiosi, quindi in compost, non le sfuggirà che la puzza non è assolutamente contemplata (checché ne dica un industriale dal naso lungo e poco fino col solo intento di denigrare l’eccellente impianto di Salerno) e l’impatto estetico, trattandosi di tecnologia di seconda generazione, è su scala modulare, quindi a fisarmonica, da cui è possibile ridurre o aumentare a seconda delle esigenze, anche l’impatto territoriale. E non c’entrano gli scarti di zootecnia. Si parla di FORSU. Punto.

Ovviamente se il progetto e il controllo avviene alla luce del sole, avendo avuto, nell’ambito dell’Osservatorio verso rifiuti zero comunale, dall’Assessore all’Ambiente Sodano, ampie garanzie.

Controllo che a mio modesto avviso, non può prescindere dalla partecipazione ad ogni step impiantistico e di esercizio da parte degli stakeholder del territorio. Pertanto condividiamo  il suo deciso NO alla proliferazione di grossi impianti anche quando non necessari, gli impianti per le c.d. “energy crops” che ci sono solo per gli incentivi e non per dare una soluzione agli scarti organici raccolti differenziatamente. Per tale motivo la nostra LIP all’attenzione del Parlamento chiede (art. 5) l’abolizione degli incentivi per impianti a biomassa. In tale modo eviti 99 digestori, ne fai uno solo (per gli scarti organici, e solo se il compostaggio ha delle criticità).

Poi c’è una riflessione economico-sociale. Come lei stesso richiama il riciclo è la strada maestra. Quella economicamente più convincente. Quella a maggior conservazione di risorse. Quella a maggior intensità di lavoro.

Come lei sa la matrice organica rappresenta circa un terzo in peso della pattumiera urbana, senza impianti di compostaggio tutto ciò non funziona.

Vede prof., declinare poi la proposta Zero Waste/Rifiuti Zero come propaganda non come dato scientifico la trovo superficiale e sbagliata. Sta di fatto che si sta imponendo sempre più in Italia come nello scenario internazionale quella evocata dalla Commissione Europea nel pacchetto sull’Economia Circolare che guarda caso è sottotitolato “verso un programma Rifiuti Zero per l’Europa”. Proprio così prof., Rifiuti Zero.

Se alla Riduzione a monte perseguiamo attraverso il PaP della R.D., il Riuso, il Recupero e il Riciclo ciò che resta nel RUR finale può ulteriormente essere sottoposto a ulteriore selezione e avviato al riciclo. Rimane una esigua frazione indifferenziata che è in capo alla responsabilità estesa del produttore. Proprio così prof.. Nell’economia circolare l’industria è costretta alla riprogettazione, re-design, perché i suoi errori non possono ricadere sulle comunità. E allora dal basso la riprogettazione costringe a produrre solo materiale che può essere reintrodotto nel circuito  e non smaltito. L’industria non produce più rifiuto. Ecco Rifiuti Zero. Semplice come l’uovo di Colombo.

In Italia come in tanti paesi europei le comunità sono pronte. Chi non è pronto, come spesso accade è l’establishment politico coadiuvato dall’attrito delle lobby dei settori favorevoli all’incenerimento. Se sottrai materia riduci il combustibile. Affami i forni. E metti in crisi il sistema orizzontale: produco, acquisto, consumo, scarto (quindi brucio o discarico).

Economia circolare, quindi, che proprio il Commissario UE Junker sta rallentando e che vede impegnata proprio in questi giorni la minoranza PD/PSE a contrastare decisamente, difendendo il pacchetto proposto dalla precedente Commissione Barroso e declinato dal Commissario all’Ambiente Potočnik.

E infine se l’Italia solo seguisse le migliori pratiche interne, già perfettamente funzionanti da ormai 15 anni sul territorio nazionale in Piemonte, Lombardia, Veneto, ma anche in tante comunità della Campania o Sicilia, ovvero comunità che separano l’85% dei rifiuti con una qualità complessiva superiore al 90%, significa avviare a smaltimento finale meno di 50 kg per abitante all’anno, ovvero meno di 3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani in un anno in tutta Italia.

Caro professore, con queste quantità l’attuale capacità di discarica o di trattamento termico sono ampiamente sufficienti per i prossimi 50 anni. Anni nei quali l’economia sarà ulteriormente convertita a minor quantità di scarto, sempre più dematerializzata, sempre più efficiente.

Potremo così incominciare in questi 50 anni a spegnere inceneritori, chiudere discariche e aprire impianti di riciclo, tra cui impianti di produzione di fertilizzante naturale dai nostri scarti di cucina.

Sulla questione “ecoballe” poi avrei piacere interloquire sulla proposta  che prevede di processarle attraverso gli STIR trasformati in “Fabbriche dei Materiali” in situ  (il che avrebbe risolto il problema in 8 anni) anziché fare l’inceneritore a Giugliano (che risolverà il problema in 25 anni). La realizzazione dei distretti MRBT (Material Recovery Biological Treatment come proposta strategica per il trattamento del RUR risponde coerentemente al rispetto della Direttiva Discariche 99/31 (obbligo di pretrattamento) che stiamo sostenendo e proponendo e in parte contribuendo a realizzare  in molti territori come alternativa all’incenerimento”,  a meno gas serra, meno malattie, ecc..
Proposte elaborate  e consegnate con le relative risultanze alla Commissione UE, quando l’expertise di Zero Waste Europe fece per loro l’audit sul Piano Regionale coinvolgendo l’Arcadis di Brusselles su indicazione dell’Agenzia europea dell’Ambiente, che lei certamente conosce, e di cui avrei piacere ad un suo autorevole parere.

Chiudo chiedendole un impegno operativo su alcuni aspetti di sostenibilità da lei validamente evocati.

E lo faccio proprio perché a giorni si discute in Commissione ambiente della Camera la proposta di Legge di iniziativa popolare “verso Rifiuti Zero: per una società sostenibile”, forte della sottoscrizione di 90 mila firme, nella speranza di dare al nostro paese, come indica l’UE, una norma quadro che indichi un percorso in cui lo scarto urbano da rifiuto si trasformi in risorsa.

Mi aspetto da lei un aiuto a sostenere con la sua autorevolezza di scienziato una proposta legislativa che favorisce la ricerca (innovazione e riprogettazione), l’economia (incentivazione al riciclo dei materiali), occupazionale (incremento della forza lavoro direttamente proporzionale della filiera a valle della RD).

Le saremo davvero grati.   

Spero di incontrarla presto e le auguro buon lavoro nel nome e per conto del prestigioso istituto che guida.

 

Franco Matrone

 

Zero Waste/Rifiuti Zero Italy

Delegato Nazionale Movimento Legge di iniziativa popolare Rifiuti Zero

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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