Quarta domenica di Pasqua (A)

>Domenica 11maggio 2014
>Gesù con gli apostoli>Solo chi ama, conosce davvero!
>“Commento di don Franco Galeone”
>(francescogaleone@libero.it)
>
>La domenica “del buon pastore”
>Un mio amico non riusciva a trovare nessuno disponibile, anche
offrendo una
>buona paga mensile, a pascolargli il gregge. Vita dura quella del
pastore!
>Allontanarsi per settimane, non vedere che pecore e pascoli! La
loro vita è
>amara più che dolce, sofferta più che goduta, penosa più che
bucolica. Non
>occorre andare in Israele: anche il nostro Sud ci offre ancora
pezzi di
questo
>mondo primordiale. Chi accetta questo lavoro, finisce per
affezionarsi agli
>animali: le lunghe giornate e nottate trascorse insieme fanno sì
che il
pastore
>si senta più un padre che un padrone. Queste realtà il Signore le
conosceva
>bene, come i suoi ascoltatori, popolo nomade e dedito sulla
pastorizia; le
sue
>parole non erano nuove, come forse a noi moderni. Gesù, buon
pastore! Non
>pensiamo alle statuine di gesso, a Gesù con la boccuccia a ciliegia
e l’
>agnellino sulle spalle, simile a un batuffolo di cotone. Se
leggiamo
Giovanni
>con attenzione, ogni leziosaggine scompare e il linguaggio diventa
ruvido:
“E’
>un ladro e un brigante … Il ladro viene per rubare, uccidere,
distruggere”.
Ma
>è presente anche tanta tenerezza: “Chiama le sue pecore una per
una, e le
>conduce al pascolo”. Siamo pecore? Che importanza ha? Siamo pecore
tutti;
tutti
>facciamo parte di qualche gregge o tribù o circolo o gruppo o
Chiesa o, Dio
non
>voglia, di qualche branco. Il gregge di Gesù non rende schiavi, non
porta
al
>vizio e alla rovina. Buon pastore? Forse molto meglio dire: pastore
>unico!
>
>Solo chi ama può conoscere
>A nessuno piace essere paragonato a un gregge, a una pecora;
tuttavia, l’
>immagine della pecora suggerisce bene la nostra condizione: siamo
privi di
>qualsiasi difesa contro il lupo rapace. Ciò che viene messo in luce
con l’
>immagine del pastore è la totale offerta del Cristo e non la
incosciente
>docilità delle pecore. Cristo non invita a rinunciare a se stessi o
a
praticare
>una cieca sottomissione; non è un populista che manipola le folle
né uno
>sciamano o un carismatico fanatico; e non è d’accordo con tanti di
noi che
>vogliono un gregge chiuso e obbediente: egli va in cerca delle
pecore lontane
o
>smarrite. Cristo vuole che noi lo conosciamo come egli si e ci
conosce, come
il
>Padre lo conosce. Tale esigenza ci spaventa; anche nella migliori
famiglie
è
>raro conoscersi veramente; pensiamo che sia pericoloso. Chi
oserebbe dire:
“Mia
>moglie conosce me come io conosco mia moglie”? I genitori vogliono
conoscere
>tutto dei figli, ed è anche giusto; e se anche i figli conoscessero
tutto
del
>padre e della madre? Quanti schermi, quanti silenzi, quante parole
non si
>dicono più perché è meglio tacere, perché non saremmo capiti.
Bisogna
veramente
>amare per desiderare di mostrarsi come siamo, con le nostre odiose
colpe, i
>nostri vergognosi pensieri e con quello strano resto di innocenza
che ancora
è
>presente in ognuno di noi.
>
>Il Signore è il mio pastore, nulla mi manca
>Proviamo, davanti a queste parole, un senso di pace e di sicurezza.
Ci sono
>pastori che mungono, tosano, macellano, divorano le pecore, senza
pietà.
Del
>tutto diverso è Gesù! E noi? Sappiamo distinguere tutti la voce del
“buon”
>pastore da quella dei ladri sfruttatori, che stravolgono in merce e
in
affare
>la vita e la morte stessa, con i loro traffici iniqui? Attorno a
noi, in
questo
>zoo umano, sentiamo ruggiti e ululati. Machiavelli stesso
raccomandava al
>“principe” di essere “lione” e “golpe”; e poteva anche aggiungere
serpente
e
>iena. Non è facile, ma è necessario distinguere la voce del
Vangelo, l’
>insegnamento del Maestro: solo Lui ci potrà salvare. Oggi non è
facile
parlare
>del papa, dei vescovi, dei sacerdoti in termini di pastori. Molte
deformazioni
>storiche gravano sull’immaginario collettivo dei credenti. Il papa,
per
>esempio, da molti non è visto come il centro di unità per tutta la
Chiesa,
ma
>come un capo politico, un astuto diplomatico, un monarca assoluto.
Il
vescovo
>non è visto come il centro della Chiesa locale, il padre e il
maestro della
>famiglia diocesana, ma come un solenne dignitario, un alto
funzionario. Il
>parroco e i sacerdoti non sono visti come i pastori dedicati al
loro popolo,
ma
>come i burocrati che curano delle pratiche, o i potenti cui
chiedere
>raccomandazioni. I fedeli hanno anche ragione quando si mostrano
esigenti e
>critici verso i loro pastori, ma devono anche manifestare loro
affetto e
>obbedienza. La Chiesa, anche se sbaglia, resta una madre! Il
cardinale
Newman,
>convertitosi dall’anglicanesimo al cattolicesimo, ebbe molto a
soffrire
perché
>odiato dai protestanti e incompreso dai cattolici; portò la sua
croce in
>silenzio; occorre imparare a “morire come grano nel campo della
Chiesa, e
non
>come ribelli rivoluzionari davanti alla sua porta” (K. Rahner). La
differenza
>tra Martin Lutero e Francesco è solo e tutta nell’obbedienza:
Lutero si è
messo
>contro il papa, ha preteso la conversione degli altri, ha spaccato
in due l’
>Europa; Francesco ha convertito se stesso, e “sua dura intenzione
ad
Innocenzo
>aperse / e da lui ebbe primo sigillo a sua religione”.
>

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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