Seconda domenica del tempo ordinario (A)

Gesù con gli apostoliDalla voce nel deserto all’annuncio nella città

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

Gesù toglie i peccati del mondo

Proviamo a fare l’analisi logica. Il soggetto è Gesù: egli è il liberatore, non la politica o la scienza o le ideologie o l’economia. Quello da cui ci libera Gesù è il peccato, cioè il male nella sua radice, non nelle sue sovrastrutture, ma in quella struttura profonda che è il cuore dell’uomo. E qui, due domande sono necessarie: ma noi crediamo davvero che Gesù è l’unico salvatore? Abbiamo dei peccati da farci perdonare? L’uomo, oggi, sembra davvero convinto di essere lui il padrone della vita; oggi, l’uomo non appare più come un frettoloso pellegrino in questa valle di lacrime, ma un sedentario sicuro che progetta la vita e la storia. Una nuova missione lo affascina: la conquista graduale della terra e del cosmo; egli ha preso sul serio il monito di Nietzsche: “Vi scongiuro, fratelli. Restate fedeli alla terra!”. Da teocentrica, la visione dell’uomo è diventata antropocentrica. L’uomo non attende più nessun salvatore, non ha nessun peccato da togliersi: “Tutto va bene: ecco l’illusione! Tutto andrà bene: ecco la speranza!”.

 

Fare i conti con le “passività esistenziali”

Ma forse l’uomo ha avuto troppa fretta nell’annunciare la morte di Dio e la nascita del superuomo. Se ne accorse lo stesso pazzo profeta: “Non vengono sempre notti, sempre più notti? Assisteremo al salire di una marea nera”. Uccidere Dio è stato non un “deicidio” ma un “suicidio”: la polimorfa violenza della vita prova questa inevitabile necessità di morte, questa celebrazione del male quando le ideologie e le antropologie si staccano da Dio. Risolti alcuni problemi, ne emergono altri la cui soluzione sembra lontana, o addirittura impossibile. La scienza potrà dirci “come” vivere, ma non “perché” vivere; la scienza potrà risolvere i “problemi”, ma non i “misteri”; restano senza risposta le domande che Kant pone all’inizio della sua Logica: “Cosa posso sperare? Cosa posso sapere? Cosa devo fare?”. Restano senza risposta le domande di Teilhard de Chardin: “Perché il dolore fisico? Perché la sofferenza morale? Perché la morte?”. Con queste passività esistenziali, con questa tragica triade occorre sempre fare i conti anche nella società meglio progettata e realizzata.

 

L’uomo: uno, nessuno, centomila

Oggi, l’uomo si presenta come Polifemo: un gigante, ma cieco: alla immensa ricchezza tecnologica corrisponde una sconfortante povertà valoriale. O come l’astuto Ulisse davanti alle Sirene: in filigrana si intravede il destino dell’uomo occidentale che diventa sì padrone della natura, ma asservendo se stesso, legato all’albero della sua stessa nave, disperatamente smanioso di libertà; in questo senso, va anche letta la risposta di Ulisse: a Polifemo che gli chiede chi sia, Ulisse risponde: “Nessuno”; grazie a quello stratagemma Ulisse salva la vita, ma negando la propria identità.

 

Il pentitismo è molto diverso dal pentimento!

Oggi, assistiamo ad un’assoluzione generale, ad un pentitismo diffuso. Nessuno è colpevole. La colpa è dei cromosomi, dell’ambiente, del sistema, delle strutture, delle sovrastrutture. Anche numerosi cristiani rifiutano il cosiddetto “armadio dei peccati” a favore del più confortevole lettino dello psicologo. A pagamento! Ci farà del bene ricordare queste due verità: 1) anzitutto il peccato non è solo la trasgressione di una legge; la strada del cristiano non è costellata da cartelli con sopra impresso: “Fa’ questo, non fare quello”; sulla nostra strada c’è un Dio che fa autostop, che ci prega di caricarlo sulla nostra macchina e di fare il viaggio con Lui; diventare amici, compagni, mangiare cioè lo stesso pane della gioia e del dolore; peccato è quindi rifiutare l’incontro, il dialogo, l’amicizia; 2) in ebraico, il verbo peccare significa, alla lettera, mancare il segno, fallire il bersaglio; chi pecca fallisce il proprio bersaglio; non solo fa male, ma si fa del male; quelle che noi chiamiamo leggi di Dio sono in realtà leggi dell’uomo; peccato è non realizzare ciò a cui siamo chiamati. L’uomo diventa meno uomo. Questo è il peccato!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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