Perché possiamo chiamarci tutti… Tina Merlin

rifiuti2_thumb[1]Scrivo oggi, della Campania e della vigilia della catastrofe ambientale che si approssima negli anni a venire, oggi, il 9 ottobre, nella “Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali ed industriali causati dall’incuria dell’uomo”.

Lo scrivo nel monito della più grande tragedia che il nostro Paese ha vissuto per il cinismo e l’irresponsabilità dell’uomo e di uno Stato che troppo spesso si sente al di sopra di ogni sospetto.

270 milioni di m³ di roccia (un volume circa 400 volte più grande della Basilica di S. Pietro) scivolarono nel bacino artificiale sottostante creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda di piena che in parte risalì il versante opposto, distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, s’innalzò di 250 mt. sulla diga, la scavalcò riversandosi nella valle del Piave, in Veneto, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone.

In un attimo, alle 22.39 di 50anni fà, un’intera valle viene rasa al suolo dalla forza della natura ingabbiata, costretta, violentata…1910 morti ufficiali…500 mai ritrovati…750 senza nome… 450 bambini sotto i 15 anni…

E lasciare soli i pochi sopravvissuti che da mezzo secolo chiedono giustizia per i loro cari.

E’, dovrebbe essere, memoria storica dell’intera nazione.

Lo è certamente per tutti i friulani, tra cui il sottoscritto, a cui nonni e genitori, ed oggi loro stessi, tramandano ai figli la “storia” tragica del Vajont. Per non dimenticare.

Per non dimenticare i “cancellati” dalla storia dell’umanità, e finanche dal ricordo e dall’affetto di storie familiari completamente svanite.

Eppure a ripercorrere gli anni precedenti alla tragedia quante analogie con la storia recente della vicenda ambientale che stiamo vivendo, con le dovute proporzioni,  in Campania.

Piccole comunità di montagna. Longarone, Erto, Casso. E anche lì comitati e movimenti di protesta che si opponevano alla SADE (Società Adriatica di Elettricità), colosso dell’imprenditoria energetica del nord est per la costruzione e lo sfruttamento di un bacino idroelettrico in un’area geomorfologicamente instabile.

A loro non interessava trovare il “nesso di causalità”.

Il rischio drammatico lo avevano percepito dalla memoria, dalla conoscenza  e dall’esperienza di montanari.

Poca gente, a lottare per il proprio territorio, ma tenace.

A parlare di sicurezza dei cittadini e tutela ambientale.

Casa per casa, contrada per contrada. Con poca luce e senza risorse. E a denunciare.

Contestatori, allarmisti, sovversivi.

La Merlin, per anni , emarginata da molti suoi colleghi “pennivendoli”.

Contestatori, allarmisti, sovversivi. Oppure, quelli del “NO”.

Quante volte abbiamo sentito questi epiteti nei confronti di quanti, movimenti, comitati  o associazioni denunciano da anni (per non dire da qualche decennio) lo scempio ambientale perpetrato in Campania da, oramai, accertate collusioni politico-imprenditoriali-camorristiche che purtroppo oggi trovano tragicamente conferma nei fatti e negli effetti.

Ecco, ci si sente come tanti Tina Merlin a gridare lo sdegno e la paura di una popolazione intimorita, preoccupata e incapace a difendersi e che solo oggi, a danno irreparabile avvenuto, si cimenta nella protesta di massa e prova a scuotersi dal torpore trentennale, alza la voce nella speranza che lo Stato di cui si sente ancora parte, stia dalla sua parte, come sarebbe normale che accadesse.

Come i montanari friulani guidati dalla Merlin, qui in Campania i territori sanno, conoscono e chiedono di fermare lo scempio.

In forme e modi contestualmente diversi.

Ma con la stessa consapevolezza di essere nel giusto a percepire il pericolo.

Perché la tragedia del Vajont non può essere stata vana.

Perché non si ripetano gli errori del passato.

E perché le parole della Merlin dopo la catastrofe – non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa– serva da monito a tutti gli attori, da una parte e dall’altra di questa triste, disperata e straordinaria lotta per ridare al popolo campano la dignità smarrita e restituire, ove possibile, in condizioni migliori, questo territorio avuto in prestito dai nostri figli e dai nostri nipoti.

Franco Matrone

Rete Comitati vesuviani

Zero Waste/Rifiuti Zero Italy

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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