29 MAGGIO: SOLENNITÀ DEL CORPO E SANGUE DI GESÙ (C)

29 maggio: Solennità del Corpo e Sangue di Gesù (C)
Tutti mangiarono e si saziarono (Lc 9, 11)
”Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)
* Il banchetto è un fatto umano, molto importante in tutte le civiltà e religioni, per il suo significato sociale e familiare; ha la capacità persino di simboleggiare l’unione con Dio e con i defunti. Tutti questi significati acquistano un significato nuovo nella Cena del Signore. Cerchiamo di approfondire alcune verità contenute nelle letture di questa festa. Nella prima lettura è presente il tema, davvero interessante, della universalità concreta. Melkisedek è una delle figure più strane della Bibbia; non è un ebreo, eppure è re-sacerdote, offre a Dio pane e vino, e benedice persino Abramo, capostipite del popolo eletto. Melkisedek offre, accanto ad Abramo, un medesimo sacrificio. Questa figura di Melkisedek, che appare inattesa e misteriosa, è simbolo del sacerdozio umano originario, e insegna che vi è un sacerdozio molto più vasto del sacerdozio ebraico e di ogni sacerdozio clericale. La figura di Melkisedek entra nelle nostre chiese e vi porta un amore universale; egli è senza padre, senza madre, senza generazione, cioè l’uomo, l’uomo qualunque che siede accanto a noi. Noi cristiani non dobbiamo chiedere a nessuno la carta di identità. Il mosaico finale sarà il frutto della collaborazione di tutte le civiltà e religioni.
* I cristiani sono, o dovrebbero essere, gli amici del genere umano (Origene). A molti di noi sembra che se non ci distinguiamo, cadiamo nella confusione. Ognuno li compia secondo la sua coscienza, e dell’altrui coscienza noi non abbiamo la chiave! La chiesa di Dio è il mondo, realmente universale. Le creature appartengono alla chiesa del Padre nel momento in cui nascono. La sapienza di Dio ha fatto un cerchio sull’abisso e dentro questo cerchio tutte le creature sono, respirano, vivono. Tutti siamo interni a questo progetto del Padre. Credere nel Cristo non significa credere in una figura particolare, entrare in una religione particolare; significa entrare nella religione della creazione; significa prendere il bandolo dall’inizio; altrimenti, anche il cristianesimo è parte fra le parti, e la sua fede diventa fanatismo aggressivo. In ogni gesto di pace, di solidarietà, di bene … noi dobbiamo vedere un gesto eucaristico; con i non-cristiani noi dobbiamo misurarci, non già su un pacchetto di verità date, ma sulla nostra capacità di essere con-gli-altri, di lavorare per-gli-altri. Più noi ci facciamo tutto a tutti, più noi siamo secondo Cristo. Questo richiede a noi cristiani una maggiore umiltà. Non è un autolesionismo ma liberazione: Dio è migliore di noi. Allora, quando io celebro la Cena del Signore, non vivo una stanca abitudine, ma mi sento immerso nella storia del mio mondo, e la illumino con la mia fede. La mia chiesa perde il recinto, ci ritroviamo tutti all’aria aperta, su un prato, a gruppi di 50 o di 100, distinti ma non divisi, e tutti mangiamo a sazietà. Noi non siamo gli umbratili adoratori di un dio privato, ma viviamo negli spazi dell’uomo. Tutto ciò che è umano, ci riguarda, ci appartiene. Lo stare attorno a una mensa non vuole dire separazione o privilegio, ma assumere le nostre responsabilità nei confronti degli altri, eliminare le cause delle divisioni, servire più efficacemente i fratelli.
* Noi cristiani, diamo la sensazione di sembrare della gente strana! Ci credono nemici della carne, della gioia, della vita … ed eccoci oggi a festeggiare un Corpo; ci rallegriamo, ci incantiamo, andiamo in estasi per un Corpo, per il Corpo di Cristo. Lo adoriamo, lo incensiamo, lo portiamo oggi in processione trionfalmente questo Corpo come la cosa più preziosa del mondo, come la nostra consolante speranza. Sappiamo, tuttavia, e meglio di altri, come il corpo può tormentare, macchiare, turbare, avvilire. Sappiamo, pur¬troppo, quali malvagi pensieri, desideri e curiosità vergognose può suscitare; sappiamo fin dove può cadere l’uomo ozioso, il cuore vuoto, la mano disoccupata. Pregava P. Verlaine: Signore, concedimi di poter contemplare il mio corpo e il mio cuore senza vergognarmi. Per questa nostra disperante vergogna da sanare, Dio, il più amante e il più puro degli esseri, ha voluto consegnar¬ci il suo Corpo; ha voluto fare del suo Corpo una gioia pura, un godimento casto. È un messaggio valido oggi più di ieri, perché assistiamo alla merci¬ficazione della persona, alla ostentazione sensuale del corpo, alla degra¬dazione dei sentimenti.
* Nella storia della chiesa, numerosi teologi hanno disprezzato il corpo e l’amore. Soprattutto nel Medioevo furono commessi eccessi incredibili. Nella sua giovinezza, colui che in seguito sarebbe diventato papa Innocenzo III (morto nel 1216) scrisse uno dei libri più pessimisti mai letti nei secoli XII e XIII. È il trattato De contemptu mundi sive de miseria conditionis humanae. Un libro nel quale il futuro papa si compiaceva nel descrivere le miserie dell’essere umano, a partire dalla nascita fino alla morte. Al punto che si vergognava della sua propria nascita, perché concepito dal ripugnante sperma e nato dalla vagina materna: Quare de vulva matris egressus sum? Con ragione ha scritto Pascal: L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo finisca per fare la bestia! Dopo tanti Tractatus adversus corpus, andrebbe scritta oggi una teolo¬gia del corpo, corpo di sangue, di muscoli, di passioni, ma anche denso di spirito, pieno di anima, immagine di Dio, abitato dallo Spirito, greve nella sua pesantezza animalesca, groviglio di vipere, ma anche impon¬derabile leggerezza di essere. Vanno ripensate una società e una civiltà diverse, nelle quali i sentimenti possano essere espressi e non repressi. S. Freud ha scritto pagine molto attuali in Il disagio della civiltà, la cui tesi è che questa nostra civiltà produce disagio. Anche H. Marcuse in Eros e civiltà ci presenta Orfeo innamorato (Eros) ma mortificato dal razionale Prometeo (Civiltà).
* Voi stessi date loro ma mangiare. Occorre attualizzare e interiorizzare: oggi, qui, cosa suggerisce quest’episodio del Vangelo alla mia coscienza? Allora, come è avvenuto il miracolo? Un ragazzo (Gv 6,9) ha due pesci e cinque pani d’orzo; nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione, perché è rimasto colpito dalle parole di Gesù. È stato un gesto contagioso: come un effetto domino o una reazione a catena, ognuno ha messo in comune le sue cose. È avvenuta una poderosa invasione di grazia! Il mio pane diventa il nostro pane. Il poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente. A questo punto Gesù è intervenuto. Gesù, per operare il miracolo, non crea il pane dal nulla. Non trasforma, come gli aveva suggerito Satana nel deserto, le pietre in pane. Sarebbe comodo lasciare fare tutto a Dio, e noi restare artigliati rabbiosamente al nostro pane, preferire magari di buttarlo ammuffito nel cassonetto, anziché condividerlo nella fraternità. Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano, restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai. Ci sono, quando a vincere è la legge della generosità. Date loro voi stessi da mangiare: ecco la fede adulta! Anche in questo, i ragazzi sono un esempio per noi adulti. Gesù non ha mani, ha soltanto le nostre mani per continuare oggi a sfamare. Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi, la nostra voce, il nostro cuore per continuare ad andare, annunciare, amare gli uomini di oggi, come ha scritto M. Pomilio in Quinto evangelio.
* Quello che iniziò con l’essere un pranzo condiviso si trasformò in un rito sacro. Un rito che, come tutti i riti religiosi, tranquillizza le coscienze, ma non modifica la mentalità. Anzi, a volte il rito viene ostentato in forma solenne, ma non trasforma né la Chiesa né i fedeli. Esempio, la festa del Corpus Domini. Gesù condivideva il pranzo con i peccatori, i pubblicani, i poveri; Gesù privilegiava i mendicanti, i vagabondi, le donne di facili costumi … Ebbene, tutto ciò vuole dire che Gesù ha messo al centro della vita il progetto di una società completamente diversa da quella che abbiamo. Non si tratta di fare la carità: fare la carità è non vivere con dignità. Gesù voleva una società in diritti e dignità uguali e simmetrici per tutti. Per noi questo pranzo condiviso nella convivialità è impossibile nell’attuale sistema economico che ci viene imposto. Perché è un sistema pensato e gestito per produrre disuguaglianze politiche ed economiche. E tra tutte queste disuguaglianze, le religioni utilizzano i loro rituali per tranquillizzare le coscienze e perpetuare i sistemi dello sfruttamento. Per questo oggi, giorno dell’eucaristia, bisogna chiedersi: abbiamo davvero compreso il Vangelo di Gesù? stiamo costruendo il Regno di Dio o le chiese degli uomini? viviamo nella Città dell’Essere o nella Torre di Babele? BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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