Acerra (Na) -“Le Ali dell’anima”

 (Di Salvatore Candalino) –

Sabato 22 gennaio, nella sala conferenze della Galleria del Museo di Pulcinella di Acerra – Castello baronale – ha avuto luogo, nel pomeriggio, la presentazione del libro di poesie di Sonia Colopi Fusaro, intitolato “Le ali dell’anima”. La cerimonia è stata presenziata dal Sindaco del comune di Acerra dott. Tommaso Esposito, Direttore del Museo di Pulcinella di Acerra dott. Francesco Mennitto, del Centro di Cultura “Acerra Nostra” dott. Eustachio Paolicelli, Assessore alla Cultura di Acerra dott. Giuseppe Del Pennino.

Analoga cerimonia, presenziata dal Dirigente Scolastico prof. Renato Botte, si è tenuta nella mattinata della stessa giornata, sempre per presentare lo stesso volume, nell’Aula Magna dell’Itg “Nervi di Santa Maria Capua Vetere.

Il libro è stato presentato da Carlo Roberto Sciascia, che ne ha scritto la prefazione critica. Alcune liriche saranno lette da Clea De Francesco. È previsto un intervento musicale di Francesco Colella alla chitarra. L’evento prevede anche l’esposizione di tutte le opere. Le fotografie ad esse relative sono state realizzate dagli artisti Salvatore D’Onofrio, Francesco Russo, Anna Scopetta e Bartolomeo Sciascia; sono state pubblicate nel volume, ognuna a fianco della poesia abbinata.

Il libro, dalla copertina accattivante dalle varie tonalità di amaranto su beige chiaro, si avvale della prefazione di Dora Liuzzi e del testo critico di Carlo Roberto Sciascia, intitolato “Sonia Colopi e il suo Salento”.

 

È proprio la penisola leccese, protesa tra l’Adriatico e lo Ionio, con tutti i suoi abitanti e gli affetti della stessa autrice ad essere il tema centrale delle poesie, dal quale la poetessa parte per riflettere sull’uomo e sulla società, sul tempo che passa e su quello dei ricordi, su aspetti psicologici e su altri personali, il tutto supportato da una elegante espressività dalle notevole incisività e valenza.

 

Seguono il testo critico di Carlo Roberto Sciascia e la prefazione di Dora Liuzzi

 

* * * * * * * * * *

 

Sonia Colopi e il suo Salento

 

di Carlo Roberto Sciascia

 

Il Salento, arso dal sole e baciato dalle onde dei mare, e paesaggi di terra rossa ombreggiata ove l’ulivo si erge maestoso, e sapori, e profumi, e personaggi tipici, e persone care. Ecco lo sfondo delle poesie di Sonia Colopi, una <donna del Sud> fiera delle sue origini, che sa indagare attentamente sull’animo umano facendo trasparire il suo amore incondizionato verso l’umanità, la propria terra, il popolo salentino, i propri familiari.

Su questo scenario vivace e assorto vivono liriche ricche di humus e di riflessioni, concentrate su una visione positiva dell’esistenza che, anche di fronte alla morte, non si abbatte ma intravede aspetti non sfavorevoli. Sono momenti di riflessione profonda che, prendendo spunto dal contingente, si incammina in discorsi profondi nei quali il sociale ed il filosofico convergono a delineare la via della salvezza cristiana.

Come detto, su questo sfondo imprescindibile l’autrice presentano il suo mondo interiore e, da esso, l’essenza stessa della vita e, come l’avaro di Racine, … perché non “farne un fascio e portare” con sé nell’aldilà il fardello proprio? Un fardello pieno di amore, di comprensione, di disponibilità, non certo di danaro!

Il territorio leccese è descritto con partecipazione assoluta, cercando sempre di cogliere le istantanee e le atmosfere di un panorama umano e naturale insuperabile e vivo tra rumori e bisbiglìi, ma sempre dalla delicata tenerezza. La stessa allocuzione (in “Salento”) “Terra, la mia” che dà inizio alla prima lirica della raccolta sottolinea l’amore per la campagna e per il popolo della penisola pugliese, che fa sentire al fruitore quanto sia grande l’attaccamento alle piccole grandi cose, troppo spesso trascurate, dall’uomo contemporaneo nella sua vita stessante: “E sempre il profumo delle tue essenze / accompagna il tempo del viver mio lontano”. In “Terra Rossa”, poi, si apprezza la bellezza del paesaggio che, distendendosi su lievi declivi assolati, sembra accarezzato dal cielo: “Terra incastonata tra chiaroscuri sassi / di muri a secco ad inanellar / quei campi …”.

Le amene visioni degli elementi naturali assurgono a riflesso dell’agire umano e sono, perciò, in grado di stimolare l’uomo a proiettare il suo pensiero verso discorsi più ampi, ove la sua stessa esistenza entra in gioco. “Sotto Torre Sabea”, silenziosa e tranquilla struttura a due passi dal mare, il cuore della poetessa riverbera sensazioni impalpabili ma vissute “E l’incanto si smarrisce / nella fissità del pensiero”.

Sonia Colopi osserva il <suo> popolo ed offre elementi di indagine sulla stessa società; invece, quando si sofferma sui suoi familiari, la sfera intimistica prevale e si addentra in discorsi attenti sui rapporti affettivi indissolubili, quelli che segnano il cuore per intenderci, e dà il via a poesie di grosso spessore, nelle quali la sua visione filosofica della vita affiora in modo evidente. In “Col passare degli anni” fa, per esempio, un’amara considerazione non pessimista, ma realista della vita: “”Pesa il lieto futuro di allora / come duro fardello di oggi”. Sono gli occhi della poetessa bambina a far emergere il ricordo delle persone care e a far rivivere le care atmosfere di un tempo con il tratteggiare i caratteri tipici, che solo quegli occhi genuini potevano scoprire evidenziando il <consistente> amore, sotteso anche alle rigide posture della <nonna Lucia>.

Significativa è la lirica “Nel riverbero”, nella quale l’autrice formula quasi un accusa nei confronti della persona cara per essere scomparsa troppo presto, quando ancora ella poteva e voleva godere di quel “esser tuo / fanciullo con i capelli argentei”. La sua poesia si ammanta qui di pacata nostalgia degli affetti passati e “solo la voce dell’anima / mi riporta la voce tua di ieri / e il mio folle palpitare” (“Nostalgia”).

Sonia Colopi dà un preciso taglio alla sua visione filosofica dell’esistenza, inserendo una decisa connotazione religiosa che sul cattolicesimo ha le sue fondamenta; il male è meglio non vederlo: solo così ci si può offrire agli altri con tutti noi stessi … e, se il male ci assale, è solo il cielo che può venirci in aiuto. Anche l’essere genitore, compito difficile, può avvalersi di una piena dedizione, sola in grado di appagare l’amore verso un/a figlio/a, ma, dopo, … resta solo volgersi al nostro Dio perché guidi i passi dei nostri cari.

Lo scorrere degli anni e l’avvicinarsi del tempo e del silenzio e della solitudine fa paura a Sonia, per cui ella cerca di esorcizzare la vecchiaia sottolineandone l’amore che resta sotto la cenere dei ricordi; il superamento di ogni ostacolo può avvenire solo grazie all’amore sincero e totale, che permette di godere della vita, di assaporarla con tutti noi stessi e di non pensare alle cose brutte, purtroppo sempre incombenti ma passeggeri perché sereni si deve attendere che torni il sole e “non conoscerà il cuore / l’oscuro abisso di chi è solo”. Avverte l’avvicinarsi dell’oblio, quando sarà “pagina bianca la nostra vita”. Non mancano, però, i momenti di <ribellione> (“Intorno a te”), nei quali “l’anima inquieta sente il suo ribollire”.

Il rapporto con “Il compagno” della sua vita si ammanta di toni forti, dettati dal legame stretto e continuo, e “il tempo scorre, come danza / sotto il mio cielo”; in “Anelo”, infine, chiama la voce sua “a ristoro / dell’affanno mai riposo”. In “Sereno”, sa abbandonarsi persino a tenere certezze “purché la mano tua / sfiori ancora la mia”.

Il tempo è inesorabile e scandisce il ritmo dell’esistenza ma non riesce ad attenuare il desiderio dell’autrice di squarciare l’oscurità con il calore della luce e di rifugiarsi nella famiglia, vero porto per il cuore.

Parallelamente, però, sa indagare sui temi sociali e le sue meditazioni si fanno penetranti alla ricerca dei valori fondanti dell’umanità e nasce il desiderio di entrare in contatto con l’umanità intera per rendersi disponibile a mettere le proprie capacità al servizio dei bisognosi affinché siano liberati o, se non altro, alleviati dai loro affanni. Su tutto, però, permane la sua gioia di vivere e di mettere a nudo la propria anima, assaporanfo il bello della vita per andare in avanti e non pensare al buio.

Colopi vuole abbracciare l’umanità tutta e vedere un mondo diverso da come si vorrebbe; l’importante, afferma, è cercare sempre di cogliere il positivo, anche se è nascosto. “Nel silenzio” al senso del panta rei inesorabile, che non terrorizza anzi accompagna l’uomo durante la sua vita ricca di momenti diversi sovrapposti, Colopi avverte che “l’eterno cammina con te per mano” e, se l’essere con la sua materialità sembra “ristagnare”, il pensiero, libero e leggero, spazia alla ricerca dell’infinito.

Il problema del tempo che passa è descritto ne “Il vecchio”, un personaggio tipico che, giunto ad un’avanzata età, cammina verso la “morte” portando con se un fardello di esperienze ed amore … ma cerca intorno ancora persone amiche. Toccanti sono i versi nei quali, con brevi tratti, piange la difficoltà dei vecchi di vivere la loro età e la solitudine incombente che li spinge a chiudersi in se stessi, con dignità estrema. E, in “Giulietta” osserva che la donna “aspetti in viso, una parola / che schiuda l’anima tua, / china sul silenzio”.

Anche l’ “Immigrato” sono oggetto della sua analisi sociale, perché nei loro viaggi della speranza – ella dice – “ovunque il tuo piede cerchi / nessun cielo sarà mai il tuo paradiso”. E, con i “Terremotati di Abruzzo” condivide i momenti tristi e “l’anima lacera e sgomenta/resta sospesa a puntuti rebbi di forcone”.

Si ha l’impressione che la poetessa si senta <prigioniera> delle tante incombenze del vivere quotidiano e che, spinta dal suo istinto generoso, voglia spezzare le catene per offrire all’umanità tutta se stessa, impegnandosi sempre per gli altri per donare a tutti una parola di conforto, un sorriso rassicurante, una carezza amorevole.

Ogni poesia diventa frammento di umanità, spunto per momenti di riflessione, perle di saggezza.

 

* * * * * * * * * *

 

Prefazione di Dora Liuzzi

 

La lettura dei versi di Sonia Colopi obbliga a variegate riflessioni.

Innanzitutto il suo poetare, accanto al sapore intimistico e problematico della vita, esprime un senso redentivo ed emancipativo: è poesia di annunci e risposte, scoperte ed introspezioni, rinunce e nostalgie.

Il suo “dire” non si risolve in una metafisica del nulla, ma rappresenta la capacità di liberarsi dalla cogenza del “semplicemente” presente.

 

In definitiva, è la donna “interiore” che parla, che si rifugia nella dimensione più intima e privata, esprimendo il fiorente ed assortito materiale dei problemi dell’esistenza, delle ansie, della fatica del quotidiano vivere.

Nel mare magnum di sentimenti, ricordi, vicende, personaggi, liturgie popolari si avverte l’intersecarsi di sussulti, meditazioni, affermazioni, tutti sfocianti nell’evangelicità dell’amore universale, che si esercita amando umanità e natura.

 

La poesia (pur feconda di formule innovatrici) esprime la forte serenità che il destino le ha concesso e che ella mette a disposizione degli altri, pervenendo a risultati liberanti, nei quali soprattutto l’amore è plasticamente rappresentato con ricchezza di simboli, che attendono solo di essere decodificati, e libertà espressive che creano e cambiano atmosfere: poesia che alimenta il culto della propria terra e getta i pensieri in un crogiolo di redentive speranze.

C’è la malinconia ed il rimpianto di un mondo perduto in cui l’esperienza etica soggiace a concetti di ragione-idealista.

 

Di conseguenza la natura, le cose, gli esseri, le illusioni, i ricordi vengono interrogati, esaminati, messi sotto inchiesta e la ricchezza, la molteplicità dei giochi linguistici che ne derivano riconducono l’Autrice al suo essere testimone ed elemento di presenzialità, mentre le riflessioni creano una miscela di costume etico, tenace attaccamento alle forme della tradizione, idealismo che identifica la natura, le persone, i luoghi, i fatti, la stessa nostalgia come patria di spiritualità.

Da tale substrato emerge una poesia fatta di meditate dolcezze, di ragionate malinconie; e ciò che si individua come eterno nella propria interiorità può essere ancora di salvezza, sicché memoria e presente, rimpianti e speranze si amalgamano nei colori tenui di simbolismi e trasognata efficacia.

 

Né l’Autrice ignora l’altro lato dell’essere umano: nella vaghezza espositiva canto spirituale e canto d’amore si fondono in scelte strofiche che esprimono motivi antichi ed eterni.

Le rime sembrano fatte per essere cantate, prima ancora che intellettualmente pensate: motivo musicale del quale si capta, tuttavia, la densità di significato; motivo musicale e piacere estetico, osmosi culturale, offerta libera da pregiudizi, carica di echi ed impulsi.

 

E nella consapevolezza del “dover essere” l’Autrice connota i suoi versi, quanto basta, anche di elementi didascalici e dal suo raccontare traspare evidente il collante fra moderno realismo e riflessioni platoniche e tardo-romantiche.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *