Barbarano Romano, per dire…

di Vittorio Russo

Forse non tutti conoscono Barbarano Romano. È un borgo di un migliaio di anime in provincia di Viterbo che si visita trasecolando ogni volta. Qui, quello che vedi ha il dono di essere sempre nuovo perché ogni volta le cose raccontano storie diverse di sé. Le suggerisce forse una mutevole luce e la consonanza di tinte discontinue che un pulviscolo raro crea mischiando ori di ocra e blu di Prussia.

Magnifica Barbarano!

S’impallidisce a rievocarne la magia del silenzio verde che l’abbraccia e i ghirigori nelle pietre etrusche cesellati dal tempo come scritte profetiche. Si entra sempre nelle sue mura come sciroccati; si entra come in un momento sospeso nel tempo, indugiando con gli occhi a far giravolte sulla pelle muscosa del tufo millenario che sembra voler trasmettere il calore primigenio della Terra Madre alle sua creature.

Eppure, Barbarano non sa avere pretese. Se ne sta lì, acquattata, su un corrugamento di pietra gialla, fra le solennità azzurre dei Monti Cimini, alla confluenza di due serpentelli d’acque intatte e di un torrente gentile, il Biedano. Mormorando a primavera, sembra aver placato l’irruenza selvaggia dell’inverno perché scorre stornellando tra forre cupe che sono le pagine di un passato che non finisce mai: proprio una carezza cilestrina per gli occhi.

Barbarano è come un filo di miele denso che scorre da una cornucopia di abbondanze e vuole sedurre con la perfezione del suo colore. Vuole incantare col ritmo gonfio della sua gloria onesta e contadina che si fa cultura nei secoli e giunge a noi golosi della sua autenticità.

Ha un passato esteso Barbarano e in esso si sperdono tentacolari radici. Lo raccontano, questo passato, rotte testimonianze che risalgono all’Età del Bronzo. Le vicende più prossima, per contro, le ricordano i resti di una rocca che nel nome longobardo di Desiderio, sopravvissuto nelle memorie, richiamano origini longobarde. Sarebbe stato proprio Desiderio, l’ultimo re di questa gente, ad aver mutato il nome del borgo e averlo chiamarlo Barbarano a ricordo dei barbari che vi si erano asserragliati. La rocca, che il tempo ha disfatto, fu costruita a monito severo delle ambizioni egemoniche dei Franchi di Carlo Magno. Barbarano era di fatto parte di un Ducato longobardo prima di passare sotto il dominio della Chiesa. Finì nelle mano razziatrici delle più potenti famiglie della nobiltà romana. Passò poi in quelle dei papi nepotisti catalani, i predatori Borgia, l’ultimo dei quali fu lo spregiudicato Rodrigo, Alessandro VI, celeberrimo per simonia, lusso, lussuria, pedofilia, veleno, incesto, mancanza di scrupoli e lo sterminato numero di figli, tra i quali si distinsero Cesare e Lucrezia…

Comminare per le strade medievali di Barbarano significa respirare età e atmosfere di vita semplice. Nel silenzio di percorsi fioriti di ombre si ode ancora il martellare degli armaioli e poi suoni di campanacci, calpestio di zoccoli, stormire di ontani, singhiozzare di tortore, gracidare cadenzato di raganelle e nell’odorato la fragranza speziata di polenta di farro. Tutto è medievale a Barbarano: le sue mura che hanno il colore del tempo, fino al Torrione di Porta Romana e le chiese… Quella del Crocifisso del XII secolo e quella di Santa Maria del Piano del XIII, così come la Collegiata di Santa Maria Assunta, che alcuni fanno risalire all’XI secolo. Sono luoghi di preghiera e di penitenza che testimoniano montagne di secolare devozione a coprire abissi d’ingenuità. La vita del passato era tutta lì, all’ombra dei luoghi sacri, dentro di essi, nelle chiese e nei cimiteri. Erano l’orizzonte nel quale si racchiudevano esistenze brevi ma schiette e piene.

Tutto è stupore a Barbarano. Non ultimo la scoperte dei reperti di un’Etruria rupestre in una forra che sembra sperduta in una vecchiezza geologica senza limiti. Lì, scavate nel tufo di pareti nascoste nel verde, i padri etruschi scolpirono sepolcri e tombe che raccontano livelli di inimmaginabile raffinatezza.

Una scoperta singolare, infine, ha destato in me, con lo stupore, un sincero compiacimento. Alludo al gemellaggio di Barbarano con Petra. Sì, proprio la Petra dei Nabatei in Giordania, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e seconda delle sette meraviglie del mondo moderno. Con orgoglio incontenibile, nell’ottobre del 2010 il sindaco Guerrini annunciò il gemellaggio ricordando la sigla dell’accordo di pochi giorni prima. Un’associazione su percorsi paralleli e distanti della storia: gemellaggio di tombe che onorano civiltà di popoli del passato, ma anche sinfonie di culture senza età. Una congiunzione (così mi piace credere), oltre che di valori immateriali, anche di umili colori: il rosa dorato della pietra di Petra e quello del tufo tenero di Barbarano.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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