CHI DI NOI È SENZA PECCATO?

7 aprile 2019  –  V DOMENICA DI QUARESIMA TO (C)

CHI DI NOI È SENZA PECCATO?                                                                                    

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

 

Prima lettura:  Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo (Is 43, 16). Seconda lettura:  Per Cristo, tutto io reputo una perdita, diventando a lui conforme nella morte (Fil 3,8). Terza lettura:  Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei! (Gv 8, 1)

  1. La domenica della donna adultera. Le tre letture sono legate da un filo comune: la novità. La prima lettura, quella del secondo Isaia, un profeta anonimo vissuto nel VI secolo a. C., descrive il ritorno degli ebrei da Babilonia come un secondo esodo; gli ebrei ritornano a casa dopo il 586, anno della distruzione di Gerusalemme, ad opera dei babilonesi. Non ricordate più le cose passate: è il messaggio forte del profeta; gli ebrei hanno alle spalle fiamme, distruzioni, esilio; alcuni si erano anche adattati, sentivano paura del passato ma anche angoscia del futuro. La frase della seconda lettura Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta, viene scritta da Paolo, che è in prigione; anche lui si libera dal passato e va verso il futuro, il nuovo che lo attende. L’espressione del Vangelo Va’ e cerca di non peccare più esprimono la stessa realtà, il contrasto tra passato e futuro, l’appello al nuovo. L’adultera del Vangelo ha un passato di peccato; Cristo le offre un futuro di grazia.
  2. E’ comune a tutte le religioni l’idea di un Dio giudice. Rappresentata su tutti i sarcofagi dell’Antico Egitto, compare la scena della bilancia: su un piatto c’è la piuma, simbolo di Maat, la dea della saggezza, e sull’altro il cuore del defunto, che viene preso per mano dal dio Anubis: dalla pesatura dipenderà la felicità o la dannazione. Il Corano attribuisce ad Allah il titolo di migliore di quelli che perdonano; tuttavia, anche nell’islam il giorno del giudizio separa i giusti dai malvagi. Dio premia i buoni e castiga i cattivi, perché è giustizia infinita e garantisce anche il Catechismo della chiesa cattolica, dimenticando che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amiamo quelli che ci amano, quale merito abbiamo? Non fanno così anche i pubblicani? E se diamo il saluto soltanto ai nostri fratelli, che cosa facciamo di straordinario? Non fanno così anche i pagani? (Mt 5,45). Ma Dio non è un pubblicano, non è un pagano, non è un giudice!
  3. 3. Se leggendo un libro ci capita di trovare una pagina strappata, pensiamo che conteneva qualcosa di sconveniente, e perciò qualcuno l’ha tolta. Bene, nei primi secoli della chiesa, da quasi tutti i manoscritti del Nuovo Testamento venne strappata la pagina del Vangelo di oggi. Ma c’è dell’altro: certamente questo racconto l’ha composto Luca e il suo posto doveva essere alla fine del cap. 21; ce lo confermano lo stile, il tema, il linguaggio. Invece lo troviamo in Giovanni e non sappiamo come mai si trova al capitolo 8. Questo non vuole dire che sia falso. L’ipotesi più probabile è che sia collocato fuori del suo contesto, che è il Vangelo di Luca, durante gli scontri dei capi religiosi con Gesù, alla vigilia della passione (Raymond E. Brown). Chi ha mescolato le carte o ha strappato questa pagina? Agli studiosi la difficile risposta. Secondo S. Agostino, i mariti, i genitori, i responsabili delle comunità hanno pensato che la frase di Gesù io non ti condanno poteva essere fraintesa e allora zac… un colpo di forbice.
  4. La legge mosaica era terribile e discriminante: lapidava le adultere e rispettava gli adulteri; gli accusatori basano la loro accusa sulla legge di Mosè, che dice: Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte (Lv 20,10; cf. Dt 22,22). Ma a giudizio dei dotti e degli osservanti chi doveva meritare la morte era solo la donna. E chi ha commesso adulterio con lei? Probabilmente è stato uno di quelli che se ne andarono uno per uno (Gv 8,9). Strano poi che non sia stato acciuffato anche l’uomo. E’ la solita storia: la violenza viene scaricata sempre sul più debole, sulla donna appunto.
  5. La donna doveva essere lapidata, ma, siccome era pentita, Gesù prima l’ha difesa e poi perdonata. Ma se fosse così, che ci sarebbe di strano nel perdono di Gesù? Ma qui è il nodo del problema: non siamo sicuri che quella donna fosse pentita! Non confondiamo questa donna con quell’altra che pianse, unse i piedi e asciugò i capelli a Gesù (Lc 7,36). La donna di oggi non ha fatto nulla di tutto questo: è stata solo colta in flagrante adulterio. Non sappiamo i nomi della buon costume di Gerusalemme, ma una cosa è certa: allora, come oggi, c’erano persone fanatiche, morbose, guardoni moralizzatori che godono nel mettere in pubblico, meglio, in rete, i peccati altrui! Gesù poteva cavarsi d’impiccio in modo più semplice: rivolgetevi ai giudici. Ma questo avrebbe provocato l’abbandono di quella poveretta a quelle cagnette devote.
  6. Facciamo attenzione alla posizione di Gesù e della donna: la donna è in piedi, come avveniva nel processo (v.3) e Gesù è seduto (v.2); durante il dialogo, la posizione non cambia; al v.10 il Vangelo dice che Gesù si alzò, ma non è così: il verbo usato è lo stesso del v.7: Gesù ha solo alzato il capo, per comunicare alla donna la tenerezza di Dio, con uno sguardo dal basso verso l’alto. Se ne andarono tutti cominciando dai più anziani (presbiteri, dice il testo greco): forse sono proprio loro quelli della buon costume, che si dilettano a scagliare pietre con pettegolezzi, diffamazioni, lettere anonime… Gesù non condanna la donna. E – cosa più forte – Gesù smaschera l’ipocrisia dei professionisti della religione, un collettivo nel quale abbondano i censori senza pietà quando si tratta dei peccati e dei delitti degli altri, mentre con sfacciata sfrontatezza occultano questi stessi peccati e delitti quando li commette il clero. Questo succedeva al tempo di Gesù e continua a succedere oggi.
  7. Allora il peccato è roba da poco? No! Gesù dice alla donna: Smetti di farti del male, non rovinarti la vita, ti auguro un’esistenza nuova! Gesù non dice alla donna: Per questa volta non ti condanno. Dice solo: Non ti condanno, cerca di non peccare più. Non un imperativo secco, un ultimatum senza appello! Quello che Gesù non tollera è che qualche ipocrita scagli pietre contro chi sbaglia, si senta migliore e capace di giudicare. Va’ e cerca di non peccare più. Con questo invito, la donna viene restituita al suo futuro. Anche il passato ha le sue vegetazioni apparentemente lussureggianti, ma grazie al discernimento dobbiamo imparare a separare i segni che sono gravidi del futuro dell’uomo e di Dio da quelli che sono le decadenti e sfarzose strutture del passato.
  8. Il Vangelo di questa domenica è anzitutto è un documento di legislazione antifemminista, di pregiudizi maschilisti, di disordine sociale. Infatti, si condanna in questa società ebraica come in tante altre società la donna adultera ma non l’uomo che violenta, maltratta, stupra, protegge o, nel migliore dei casi, paga alla donna il suo servizio. Non è scritto, ma si legge tra le righe: il maschio in questione ha ripreso i suoi pantaloni, e se n’è andato indisturbato; neppure un accenno a lui; tutte le responsabilità sono scaricate sulla donna, che viene spiata, catturata, e solo Cristo la libera dalla lapidazione. Il perbenismo è una malattia diffusa; siamo tutti iscritti al club della gente per bene; ci piace distribuire etichette a destra e a manca; facciamo anche campagne contro le prostitute, i drogati, i criminali … per sentirci sicuri del nostro benessere, non per assumere la nostra parte di responsabilità. I valori mancano anche in noi cristiani, ma è più comodo parlare di società senza valori, e trovare i capri espiatori. Dà una gioia diabolica il poter scagliare la pietra contro gli altri! Non ci guardiamo più allo specchio, e così pensiamo di essere puliti!
  9. Gesù si presenta estremamente libero. Il suo scrivere per terra sta a significare la sua estraneità ai legulei che avevano scritto la legge sulle tavole di bronzo, trasformandola non al servizio dell’uomo ma dei propri interessi. Questa libertà del Cristo, che non guarda il peccato o la legge ma la persona e il suo dramma, è la rivelazione del nostro vero futuro, la rottura della identità tra il peccato e la persona, tra il peccato e il passato. Gesù rompe questa meccanica del passato ed apre la coscienza al futuro, all’invenzione. Convertirsi vuol dire recuperare il nostro futuro. E’ falsa ogni identificazione tra peccato e persona. Ogni identità rigida è peccato. I ruoli in cui spesso ci identifichiamo ci bloccano, insensibili alle spinte della novità. Coloro che si sono talmente identificati con i ruoli da condannare tutto quanto è diverso, sono strumenti di peccato, anche se la legge umana li copre. Per Gesù, tutti siamo colpevoli, soprattutto gli anziani, più carichi di anni e di colpe. Nessuno di noi può scagliare la pietra contro nessuno; purtroppo, molti di noi sono convinti di essere talmente onesti da non avere nessuna coscienza del peccato; la loro onestà è la loro morte, il loro occhio è sempre esteriore, incapace com’è di leggere nel profondo.
  10. Il Vangelo ci porta il suo lieto annuncio: il peccato, sotto lo sguardo di Cristo, si scioglie, si sciolgono i nostri poveri tribunali, come si è sciolta la turba dei lapidatori, e si resta soli di fronte a Cristo ad ascoltare, stupiti, che la colpa non è motivo di condanna, ma che ogni colpa può diventare un felice ricordo, una felix culpa! Sotto lo sguardo redentore di Cristo, la colpa è cancellata, la sua terribilità appare improvvisamente una povera cosa, non solo non giudicabile, ma già giudicata e vinta. Siamo restituiti alla vita, perdonati, con uno spirito nuovo. E’ davvero semplice! Cristo ci chiede di non perdere tempo lungo la strada; il peccato è spesso solo una stupida perdita di tempo. Buona vita!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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