DALL’OSANNA AL CROCIFIGGILO! (Mc 14)

25 marzo 2018  * Domenica delle PALME (B)

DALL’OSANNA AL CROCIFIGGILO! (Mc 14)

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo biblico ebraico-cristiano)

השורשים  הקדושים

 

Il cuore del vangelo: il racconto della Passione

Comincia, con la domenica delle Palme, la Settimana Santa, la Set­timana Maggiore. Quando rileggo il lungo racconto della Passione, il libro mi si cancella di mano. Mi ritrovo nella chiesa della mia infanzia, ove mi pare di riascoltare la lettura della Passione a varie voci (Cristo, lo storico, la folla). Qualche volta io stesso ho partecipato a quelle letture. Era e rimane una lettura terribile e stupenda. Una volta la fece il mio professore di italiano, e da allora gli volli bene come un padre e lo vidi quasi intrecciato alla storia della salvezza. In nessuna letteratu­ra esiste sicuramente qualcosa che per densità, rapidità, drammatici­tà sia paragonabile al racconto della Passione. Quanto non devo alle emozioni di quel racconto, che si ripete ogni domenica delle Palme! Se ho mai scritto qualcosa di valido, il meglio l’ho imparato da quelle pagine di tradimento e di sangue. Non finiremo mai di ringraziare Dio per questo dono, un poema lancinante e struggente, epico ed elegiaco, così divino ma anche così umano!

 

La Bibbia narra come Dio tratta l’uomo …

La domenica di Passione ci ricorda che la nostra fede è immersa nelle contraddizioni della storia. Di anno in anno, sempre più scopriamo che il mondo è costruito secondo la legge della violenza. Non sono solo i macro-fatti della cronaca, tragici, che ci avvertono: sono anche le micro-esperienze quotidiane a rivelare questa polimorfa violenza. La Passione di Cristo è veramente lo svelamento della violenza, che coinvolge, in una medesima complicità, i potenti e le vittime, gli aguzzini e la folla feroce. La violenza è totale. Gesù è solo. Nessuno si illuda. Anche stare fermi o fuggire è sinonimo di complicità. Non si esce da questo mondo. Occorrono molti colpi di martello per configgere un chiodo: occorrono molti colpi di frusta per piagare una spalla; occorrono molte spine per formare una corona. E l’uomo fa parte di questa umanità che condanna l’Uomo. Non ha importanza che tu sia di quelli che colpiscono o di quelli che guardano. L’arroganza di pochi poggia sulla indifferenza della moltitudine. Il vangelo non va letto come un libro ordinario. Non basta credere che quanto è narrato sia vero, realmente accaduto: di una tale fede è degno qualunque libro di storia. Leggere il vangelo con fede significa credere che quanto è contenuto, avviene qui, ora. La Bibbia narra come Dio tratta l’uomo e come l’uomo maltratta Dio.

 

… e come l’uomo maltratta Dio!

Il vangelo ci dichiara chi siamo, cosa facciamo, da che parte siamo schierati: Erode? Pilato? Pietro? Giuda? Cireneo? Maddalena? Dio vicino alla misera nobiltà dell’uomo, la bieca ferocia redenta dal paziente amore di Cristo, il bacio traditore dell’amico Giuda, la debolezza diplomatica di Pilato, le lacrime sante di Pietro, la stupidità volubile della folla, la meschinità di ogni ragion di stato e di chiesa, la silenziosa presenza di Maria dolente. Vi scandalizzerete di me, aveva predetto Gesù. Da allora continuiamo a parlare di scandalo della croce: dell’assurdo cioè di un uomo che si dice Dio, e che si lascia morire abbandonato e deriso. E’ molto più facile mettersi con l’immaginazione al posto di Dio creatore, piuttosto che a quello del Cristo crocifisso, notava S. Weil. Dio ci vuole non tanto convinti nella mente, ma convertiti nel cuore. E Pascal aggiungeva che la nostra religione è saggia e folle: saggia perché è la più sapiente e la più fondata in miracoli e profezie; folle perché non sono queste le cose che producono la fede. A farci credere è la croce. E mi piace aggiungere qui la profonda intuizione di S. Weil: il miracolo del buon ladrone fu non quello di pensare a Dio in punto di morte, ma di riconoscere Dio in quell’Uomo moribondo. Di tale genere sono appunto le chiamate della croce. Cristo oggi come duemila anni fa, qui come a Gerusalemme, passa tra l’indifferenza di molti e l’affetto di pochi. Cristo è sempre in agonia, ha scritto Pascal. Ancora, F. Parazzoli, nel suo romanzo Il giro del mondo ha scritto: Oh, non è una religione di fantasmi la nostra, non di anime spoglie e rilucenti, ma di corpi, questi nostri corpi così come sono, gloriosi e miserabili, e che risorgeranno, come ci è stato promesso. 

Ecco l’uomo!

Il vangelo di Marco, per comune riconoscimento, è il più antico e il più aderente allo svolgimento dei fatti. La tesi di Marco è che nell’estrema abiezione, nel fallimento radicale, nella totale derelizione si rivela insieme l’amore del Padre e l’obbedienza del Figlio. L’umanità di Gesù viene  presentata senza orpelli, in tutta la sua terribile negatività. Sappiamo che l’uomo “vero” si rivela quando sono scosse le istituzioni socio-culturali, il groviglio di vipere nascosto nel cuore dell’uomo viene fuori quando cadono le difese. Allora il fondo più profondo dell’uomo manifesta tutti i suoi eroismi e le sue volgarità. Quando i tempi sono normali, le misure medie hanno il predominio, malvagità ed eroismi sono tollerabili, ma quando viene il momento dell’agonia, allora tutto sprofonda. Può capitare allora che il primo papa dichiara di non riconoscere Gesù! E invece, un centurione pagano confessa: Veramente quest’Uomo è figlio di Dio. Ecco: la confessione di fede non viene dal capo della chiesa, ma da un non credente. La fede, supportata da dogmi e strutture religiose, è certamente facile; ma se ci troviamo nell’ombra dell’agonia allora la fede diventa fiducioso abbandono: Padre, ti affido il mio spirito.

L’apparente trionfo del male!

Arriva il tempo del silenzio, in progressione fino al grande vuoto del sabato santo, quando l’altare resta spoglio, le campane mute, senza messa né comunione. Sembra il trionfo del male! Spesso siamo disorientati da quanto succede intorno e dentro di noi. Adolescenti che massacrano i genitori, lo sballo del sabato sera, le violenze  contro le donne, i minorenni… E’ un tragico e triste rosario di sofferenze! Che sociologi e psicologi, preti e politici la smettano di accusare i genitori o la scuola, la chiesa o la società. Il silenzio, amico dell’anima, per non perderci nel frastuono, in attesa della gioiosa esplosione pasquale. Il silenzio vero: non quello guardingo consigliato dal proverbio: Bocca chiusa, occhi aperti. Non il silenzio della colpa, di Giuda durante l’ultima cena. Ma il silenzio di Maria, ai piedi della croce. Stabat! Nel silenzio dell’attesa, senza perdere la fede nel Dio della vita, che atterra e suscita, che affanna e consola, che toglie una gioia per offrirne una più grande e duratura. Programmiamo attività e orari in modo da partecipare alle funzioni della Settimana Santa, non come turisti o spettatori, ma protagonisti e credenti. Le cerimonie sono suggestive per insegnamenti teologici, drammaticità di situazioni, lussureggiante simbolismo. Siamo invitati a seguire il Signore dal suo ingresso festoso a Gerusalemme, fino al calvario, dove tutto muore e dove tutto risorge, per sempre. Se sentiremo bussare alla porta del cuore, se proveremo la nostalgia del pulito, il bisogno di amare, la voglia di perdonare, allora è Gesù. Apriamogli la porta! Allora sarà Pasqua! Buona vita!

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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