EPIFANIA DEL SIGNORE (C) MENO COMMOZIONE E PIÙ CONVERSIONE!

6 gennaio  2019  – EPIFANIA DEL SIGNORE (C)

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Meno commozione e più conversione! 

Prima lettura:  La gloria del Signore brilla sopra di te  (Is  60, 1). Seconda lettura:  Tutti i popoli sono chiamati in Gesù Cristo a partecipare alla stessa eredità  (Ef 3, 2).  Terza lettura:  Siamo venuti dall’oriente per adorare il re  (Mt 2, 1)

  1. Nel 614 la basilica della Natività di Betlemme (costruita dalla regina Elena e ristrutturata da Giustiniano) era assediata dal re persiano Cosroe, che aveva già distrutto tutti gli altri edifici cristiani; il re, prima dell’assalto finale, vide che sul frontone della basilica erano raffigurati dei personaggi vestiti proprio come lui, da persiani: erano i Magi così disegnati dagli artisti bizantini. E la basilica fu risparmiata! Su questa pagina, che celebra il Cristo luce delle genti, verso cui convergono i popoli dall’oriente, si è scatenata la fantasia di tanti scrittori. Così, a motivo dei tre doni offerti (oro, incenso, mirra), i Magi sono diventati tre, anzi, tre re, appartenenti alle tre razze (bianca, nera, gialla). Sono stati anche inventati nomi diversi, ma questi sono i più comuni: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Gli insegnamenti possibili sono davvero tanti, e anche scomodi. Proviamo a evidenziarne alcuni.
  2. Il significato religioso di questa festa è la manifestazione di Gesù a tutti i popoli ed a tutte le culture. In Gesù è Dio che si manifesta, si rivela, si comunica. Dio non è la religione, Dio trascende tutto l’umano e quindi l’elemento culturale. Le diverse religioni sono il prodotto delle diverse culture. La venuta dei “Maghi di oriente” rappresenta in maniera simbolica che in Gesù Dio si incarna nell’umano e proprio per questo si manifesta a tutti gli esseri umani. Un’altra cosa molto diversa è il significato sociale e popolare di questa festa, diventata la festa dei regali, soprattutto ai bambini. Gli interessi economici e commerciali, con il potere della pubblicità, si sono preoccupati di modificare totalmente il significato di questo giorno ed il suo modo di celebrarlo. Da una festa religiosa si è trasformata in una festa profana. È vero che ha un importante significato familiare, ma è anche certo che comporta determinati pericoli ed alcuni di essi molto seri.
  3. Un pericolo evidente è la spesa eccessiva in giocattoli, vanità e capricci che non sono necessari o importanti nella vita. Le invidie, le rivalità ed altre miserie, che non è necessario ricordare adesso, vengono allo scoperto fino a provocare situazioni ridicole. Certo, fare un regalo è una manifestazione di affetto, di vicinanza, di interesse per l’altra persona, ecc. Tutto ciò è indiscutibile. Ma il pericolo più grande che comportano i regali sta nel pretendere (forse senza rendercene conto) di supplire la mancanza di amore e di dedizione mediante giocattoli, vanità probabilmente invidiose ed altre innumerevoli “falsificazioni dell’autentica relazione umana”. Il commercio di queste falsificazioni distrugge le relazioni umane.
  4. I Magi hanno osservato il creato, studiato la natura, scrutato il cielo (erano scienziati, astrologi, sapienti), e dalla creazione sono risaliti al Creatore, dalla stella al creatore del cosmo, dai pre-ambula fidei alla pienezza della fede. E’ un insegnamento valido anche per noi e per gli scienziati: questo nostro mondo, piccolo atomo negli spazi infiniti, non è frutto del caso ma creato e governato da Dio padre onnipotente. Dobbiamo quindi entrare nella natura con rispetto; non comportarci come cinghiali in una bigiotteria. Non comportiamoci da padroni, peggio, da predoni dell’essere, ma da pastori e custodi dell’essere. E non accontentiamoci solo della scoperta delle leggi, ma tendiamo verso la scoperta del Creatore delle stesse leggi. E la ricerca non ha mai fine! I Magi hanno visto la stella, ma questa non li ha accompagnati per sempre. Hanno dovuto rischiare. E noi? Noi, invece, pretendiamo una specie di “autostrada” a molte corsie, sicura, sempre illuminata, soprattutto ricca di indicazioni. Non accettiamo di vivere con dolorosa serenità nelle tenebre luminose della fede.
  5. Dov’è il re dei giudei? Ci troviamo davanti ad un brano pieno di domande, diverse ma sempre domande. Per i Magi, la domanda nasce dal desiderio di verità: è l’intellectus quaerens fidem. Per Erode, la domanda nasce dalla paura, dall’odio. E la nostra epoca è ancora capace di domande? Siamo in attesa di qualche risposta? Forse è finita la stagione dell’acido anticlericalismo, ma siamo caduti nell’errore opposto: l’indifferenza. E allora non si è né buoni né cattivi, ma semplicemente indifferenti, rifiutati dai santi del paradiso e dai demòni dell’inferno. Arrivati a Gerusalemme, si rivolgono ai sacerdoti, ai politici, ai dotti, i quali non offrono indicazioni sicure, tranne qualche orientamento: “E’ scritto!”. E noi? Se qualche non-credente ci chiede di parlargli di Cristo, cosa gli raccontiamo? Se saremo accusati di essere cristiani, troveranno delle prove per condannarci? Che alcune pagine del Vangelo, soprattutto quelle tanto care al nostro cuore, ci tolgano la pace e il sonno. Santa inquietudine! Meno poesia e più rimorsi!
  6. Siamo venuti dall’Oriente. Questo vuol dire che i “lontani” non sono poi così lontani, che i cattivi non sono poi così cattivi, che il “regno” di Dio è infinitamente più vasto di ogni “chiesa” di Dio. Per troppo tempo, la chiesa è stata confusa con la cultura occidentale, con l’uomo bianco, con la lingua latina, con il canto gregoriano … ma la chiesa di Cristo non può essere bianca o nera, proletaria o borghese. Quella salvezza riservata agli ebrei è ora offerta a tutti; davanti a Dio non c’è nessun popolo eletto, razza preferita: “Davvero mi rendo conto che Dio tratta tutti alla stessa maniera: egli infatti ama tutti quelli che credono in lui e vivono secondo la sua volontà, senza guardare al popolo al quale appartengono” (Atti, 10, 34). Queste considerazioni non sono dettate da frustrazioni storiche o da volontà di autodenigrazione: esprimono fiducia nella paternità universale di Dio, che non può essere intrappolato dalle nostre piccole astuzie, ingessato dalle nostre teologie scientifiche, piegato dalle nostre preghiere a fare la nostra volontà. Per non avere compreso la verità dell’universale amore di Dio, abbiamo inaugurato un sistema di facili etichette e di ostracismi, bollato alcuni come estremisti e altri come reazionari; abbiamo proclamato le guerre sante delle crociate al grido di “Dio lo vuole” (?), innalzato roghi per gli eretici che andavano curati e non bruciati, eretto tribunali della Santa Inquisizione (?), composto elenchi di libri che era proibito leggere, lanciato censure, scomuniche, sospensioni, interdetti, divisioni che scandalosamente offendono l’unità, e che oggi faticosamente si cerca di ricomporre. “In quante divisioni noi cristiani portiamo la nostra responsabilità” ha detto Giovanni Paolo II, e a quante categorie di persone questo papa ha chiesto scusa e perdono! Qualcuno ha salutato questo linguaggio penitenziale come una svolta storica nella dottrina cattolica, distante ormai anni luce dall’intollerante Sillabo di Pio IX.
  7. Il re Erode restò turbato. Così mi piace pensare ai Magi: non come a intellettuali che il Potere ha messo a tacere con la paura o con i regali, ma come a filosofi in cerca di verità, che creano scompiglio nei palazzotti del potere. Uomini come il biblico Abramo: hanno sfidato il ridicolo della stupida maggioranza, e si sono lasciati catturare dall’avventura di Dio, con poche certezze e molti rischi. Stanchi di ruminare la sterile verità, hanno creduto all’utopia, alle stelle, ai sogni, alle voci del cosmo. Uomini come il mitico Ulisse: hanno rifiutato di entrare nel gregge della mediocrità generale. Nonostante le risate dei benpensanti, hanno scommesso su Dio, e solo alla fine del viaggio, la felice scoperta, Cristo, e sono ritornati con la luce di una stella nel cuore, per sempre. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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