Essere chiamati è già una grazia!

24 settembre 2023 – XXV Domenica del TO (A)

Essere chiamati è già una grazia!

1) Il nocciolo della parabola sta nell’atteggiamento degli operai della prima ora, e di Dio nei confronti degli operai dell’ultima ora (v.11). Tutti gli altri elementi sono un puro espediente per mettere in rilievo questa verità: Dio è buono, coloro che hanno lavorato tutta la giornata (gli ebrei) non lo sono; ma il punto essenziale è il seguente: nel paradiso c’è posto per tutti, perché Dio chiama tutti gli uomini a tutte le ore: la salvezza è sempre un dono del suo amore (v.15). Possiamo “essere salvati, non salvarci”. La parabola, insomma, contesta una comunità in cui ci sono dei privilegiati! Gli ebrei sono stati i primi ad essere chiamati, ma non per questo avranno un trattamento di favore (v.16). Come dire: Dio non fa sconti a nessuno!

2) Questa parabola, artisticamente ben costruita, ha messo sempre in difficoltà gli interpreti. Quel padrone, che dava a tutti lo stesso salario, a chi aveva lavorato tutta la giornata e a chi aveva lavorato solo un’ora, riusciva ingiusto. Era un comportamento contrario alle norme di giustizia salariale. E difatti qualcuno alla fine protestò! Finiamola di voler insegnare la giustizia a Dio! Potremmo sentirci dire: “Perché sei invidioso?”. L’invidia è uno dei sentimenti peggiori, e purtroppo è frequente, anche tra persone di Chiesa!

3) A volte incontriamo persone che non vedono nulla di buono negli altri. Dio, invece, va sempre in cerca di tutti, chiama tutti, a ogni ora, vuole accogliere chiunque trova, per tutti ha un lavoro. Avere invidia di questa generosità è allontanarsi da Lui. Dobbiamo, invece, comprendere che essere chiamati da Lui è già una grazia, un premio, un onore! Nel suo Regno non ci sono primati di anzianità; non è questione di anni di servizio ma d’intensità di amore. Dio non controlla le ore di lavoro. Per Lui è sempre ora! E bisogna evitare di mercanteggiare con Dio, di fargli l’inventario dei nostri meriti, e delle tante ore di lavoro nel suo Regno. È una mentalità da mercenari! Non dobbiamo essere invidiosi, cioè “non-vedere”: il nostro peccato è l’occhio cattivo, la meschinità. Se troviamo ingiusto, per esempio che un ladrone entri in paradiso così a buon mercato, passeremo l’eternità a contare i nostri meriti, ma all’inferno!

4) Quando leggiamo la parabola del Vangelo, avvertiamo subito che il mondo di Dio è veramente diverso dal nostro. Il basso diventa alto, l’ultimo arriva primo, la vecchia verità è errore, chi perde tutto per Dio vince, chi rinuncia ad una famiglia diventa padre di molti figli, chi  lavora solo un’ora riceve quanto chi ha sudato tutta una giornata! I suoi valori sono totalmente diversi dai nostri! Pensate: i suoi preferiti sono gli ultimi senza valore; la gente per bene è chiamata “razza di vipere”. La legge del suo Regno è il paradosso. Dio sceglie le cose deboli per confondere i forti; non sceglie il sano ma il malato; fa più festa per la pecorella ritrovata che non per le novantanove al sicuro. Il Dio di Gesù è assolutamente Altro, Diverso, Imprevedibile! Dio è sempre al di là. È il Totaliter Alius!

5) Dobbiamo conservarci sempre molto critici con le nostre rappresentazioni di Dio; potremmo correre il rischio di difendere i diritti di Dio, e in realtà lottiamo per difendere le nostre idee e i nostri interessi. L’uomo di ogni gruppo sociale tende a raffigurarsi Dio secondo le proprie esigenze. Lo aveva già insegnato il buon Senofane di Colofone, già nel VI sec. a.C.: “Se i buoi, i cavalli, i leoni avessero mani, e potessero con le loro mani disegnare e fare anch’essi quello che fanno gli uomini, i cavalli disegnerebbero gli dèi simili a cavalli, i buoi simili ai buoi, e i leoni simili ai leoni”. E in un altro frammento scriveva: “Gli etiopi dicono che i loro dèi sono camusi e neri, i traci invece dicono che i loro dèi sono cerulei di occhi e rossi di capelli”. La fede assume una morfologia dipendente dalla società. Su questo argomento, E. Durkheim e M. Weber hanno scritto pagine di grande interesse e verità: è naturale, che noi, occidentali viventi in pieno capitalismo, sotto il segno della potenza, della scienza, della razionalità, ci siamo costruiti un dio onnipotente, onnisciente, giusto giudice. Per sapere quanto la nostra teologia sia giusta, “cattolica” di nome e di fatto, ci dobbiamo chiedere se c’è posto per tutti. Papa Francesco nella GMG di Lisbona (2023) ha detto: “En la Iglesia hay espacio para todos! ”. Se non c’è posto per tutti, quella teologia è certamente ideologia e quel dio è un idolo! Non si può separare Dio dall’uomo. Incarnazione significa che ogni teologia deve diventare antropologia, ogni atto di culto un gesto di carità! Se non comprendiamo questa verità, Dio si farà beffe delle nostre venerande istituzioni, delle nostre sacre rappresentazioni! BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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