FRA POCHE ORE, SUBITO DOPO IL GIURAMENTO, COMINCIA IL SECONDO SETTENNATO CONSECUTIVO DEL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO ALLA GUIDA DELL’ITALIA.

 di Paolo Pozzuoli

È passata in sordina, velata dal secondo grande evento che abbiamo vissuto con trepidante emozione e toccante partecipazione in poco meno di quaranta giorni, la vigilia dell’anniversario del Natale di Roma (753 a.C.). E questo di sabato 20 u.s., la conferma, rielezione e/o elezione bis che dir si voglia dell’on. sen. Giorgio Napolitano all’alta carica di Presidente della Repubblica, ha fatto dimenticare il primo dei due eventi di questo primo quadrimestre dell’anno: ‘ritiro’ l’11 febbraio di Papa Benedetto XVI e successiva elezione, il 13 marzo, di Papa Francesco. È la prima volta nella Storia della nostra Repubblica che un Presidente abbia ricevuto pieni consensi per succedere a se stesso ma, come accaduto per Papa Benedetto XVI, c’è stato chi, confutando la primogenitura dell’evento per Giorgio Napolitano, l’ha attribuita ad un altro napoletano: il Padre della Patria avvocato Enrico de Nicola (nel suo cursus honorum manca solo la Presidenza del Consiglio dei Ministri), superando così in un sol colpo il titolo (Capo provvisorio dello Stato dal 28 giugno 1946; quindi, dal 1 gennaio 1948, giusta prima disposizione transitoria della Costituzione, esercitò le attribuzioni ed assunse il titolo di Presidente della Repubblica che mantenne fino al successivo 11 maggio), gli elettori (i deputati dell’Assemblea Costituente), la durata del mandato (in totale, meno di due anni). Per l’elezione bis di Giorgio Napolitano quanto è stato pronubo, propiziatorio il metodo ‘bis’ del Presidente Ciriaco De Mita? È il metodo – l’ha raccontato lo stesso De Mita – che, compreso (“rappresentò la consapevolezza della necessità per tutte le forze politiche di convergere su un nome capace di rappresentare realmente le diverse componenti politiche, sociali e culturali del Paese”) dall’allora leader, “ultimo segretario”, del P.C.I.  Alessandro Natta, ed applicato il 3 luglio 1985, “costruì l’ampio consenso per eleggere l’on. Francesco Cossiga Presidente della Repubblica”. Quindi, Ciriaco De Mita, concludendo la sua lezione tenuta a metà settimana scorsa presso l’Istituto <<Suor Orsola Benincasa>> in Napoli, ha evidenziato che “tale metodo, laddove riproposto, potrebbe portare all’individuazione di un solo nome possibile: quello di Giorgio Napolitano”. Oppure la rivelazione fatta dall’on. Clemente Mastella qualche mattina fa – se non ricordiamo male – nel corso di una tavola rotonda realizzata presso  “Omnibus” dove è stato uno degli ospiti? Bene, l’on. Mastella ricordava della decisione presa “per certe voci, certe dicerie raccolte” di non votare per Carlo Azeglio Ciampi, già Governatore della Banca d’Italia, Presidente del Consiglio dei Ministri e più volte Ministro, candidato al Quirinale. “Nelle more però” – concludeva Mastella – “una eccellentissima autorità ecclesiastica mi convinse che non era come sapevo; notizie false, mendaci, inattendibili; di conseguenza, tutti i parlamentari appartenenti al mio gruppo  votammo Ciampi che venne così eletto alla prima votazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda la dichiarazione “mi ha convinto un autorevole rappresentante del partito” effettuata dall’on. sen. Pierferdinando Casini relativamente al voto espresso pro Napolitano Presidente della Repubblica. Tanti i segni del destino. A prescindere, subito dopo il giuramento di rito, il Presidente Napolitano -“Una vera risorsa per la nostra crisi politica” ha scritto l’Osservatore Romano, “un grande dono alla democrazia: grazie, Presidente” ha dichiarato l’on. Renato Brunetta, “Sono Stato” il titolo a caratteri cubitali, in prima pagina, di un noto quotidiano nazionale, sono soltanto alcune delle tante frasi di stima, apprezzamento e riconoscenza – appartenente ad una generazione che sa prendersi le responsabilità, conscio di quelle anche abnormi che andrà ad assumersi, si metterà al lavoro. Non per iniziare un percorso e quindi tagliare lo striscione del traguardo con sopra scritto ‘Storia’ e/o ‘Gloria’ ma semplicemente perché intende dare, sacrificare tutto se stesso per portare a termine le tante cose rimaste incompiute, sulla carta e nelle intenzioni, che non solo non sono a lui addebitabili ma tali da crucciarlo (un eufemismo) parecchio. Insomma, per il bene della Sua Italia. Avanti dunque con la formazione di un Governo. La recente Storia della nostra Repubblica insegna che non possiamo permetterci il lusso di rimanere senza.  Parimenti, non possiamo permetterci il lusso di essere privati della guida del Presidente, iniziata – di fatto – già prima dell’inizio del semestre bianco. Quindi, avanti  con le riforme. Una delle tante, in considerazione del vissuto dei giorni scorsi,  dovrebbe toccare anche l’art. 88 della Costituzione. Un’altra, la modifica della legge elettorale con il ripristino dei collegi uninominali (… per diverse legislature avveniva per l’elezione dei candidati al Senato della Repubblica e per una sola volta, immediatamente dopo ‘tangentopoli’, anche per i candidati alla Camera dei Deputati). Siamo giunti alla fine della corsa. Smettiamola, almeno per una volta, di parlare di vincitori e vinti. Siamo seri. Ricordiamo di essere parte integrante di uno Stato che non ci deve servire ma dobbiamo servire. Facciamo nostra la frase pronunciata nel 1961, al momento dell’investitura, da John Fitzgerald Kennedy: “Non chiederti cosa possa fare il tuo Paese per te. Chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Cerchiamo di dare un segnale forte, di essere degni dell’appartenenza e del mandato ricevuto dagli elettori. Di essere altresì costruttivi, non distruttivi. Di aggregare, non separare, disgiungere.  Non lasciarsi andare a turpiloqui ma studiare la politica e farne tesoro. Farsi carico degli oneri, non inseguire onori. Ricoprire con passione il ruolo cui siamo stati chiamati, evitando e smettendo di aizzare le folle, di propagandare idee rivoluzionarie, di occupare piazze e sedi istituzionali. È l’ora della svolta! Siamo chiamati ad assumerci ogni consequenziale responsabilità.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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