Gli ebrei festeggiano oggi Rosh Hashana, il Capodanno ebraico, anno 5773.
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Il Coordinamento Monarchico Italiano (CMI) si associa alla gioia delle comunità ebraiche in Italia, in particolare quelle di Casale Monferrato, di  Torino e di Napoli, e di tutto il popolo ebraico augurando loro un anno di pace, di serenità e di soddisfazioni.
La festa durerà due giorni, sia in Israele che in diaspora, durante i quali bisogna astenersi da ogni attività che non sia legata alla sfera religiosa. Secondo la tradizione ebraica, Rosh Hashanà celebra il momento culminante della creazione dell’universo e l’accettazione della sovranità di Dio sopra tutte le cose. I giorni di Rosh Ashana sono anche quelli in cui Dio giudica le azioni dell’uomo nel corso dell’anno e decide del suo futuro per l’anno successivo. Per questo è chiamato anche il Giorno del giudizio (Yom ha-Din). La decisione, però, verrà presa da Dio solo a Yom Kippur (giorno dell’espiazione) che cade dopo appena dieci giorni, durante i quali ogni ebreo dovrà compiere un’analisi del proprio anno ed individuare tutti i peccati compiuti nei confronti dei precetti ebraici e i torti fatti verso i propri conoscenti. La persona offesa ha il dovere di offrire il proprio perdono ma in casi particolari ha anche la facoltà di negarlo. Tra le tradizioni di Rosh Hashanà c’è il suono dello shofar (un piccolo corno di montone utilizzato come strumento musicale), che in alcune comunità viene suonato tutte le mattine del mese di Elul, l’ultimo prima del nuovo anno. Il significato è risvegliare il popolo ebraico dal torpore e ricordargli che si sta avvicinando il giorno in cui sarà giudicato da Dio. Nei giorni precedenti vengono recitate le Selichot (preghiere penitenziali), in momenti diversi a seconda delle usanze nelle varie comunità (dai 30 ai 10 giorni prima della festività ). Nel pomeriggio che precede l’inizio di Rosh Ashanà si usa fare il Tashlich, il lancio di oggetti su uno specchio d’acqua (anche una fontana) per liberarsi di ogni residuo di peccato.
Questa sera si fa il Seder, una cena tradizionale accompagnata dalla recitazione di preghiera, in cui si mangiano sia cose dolci, come la mela intinta nel miele, sia cibi che diano l’idea di molteplicità , come il melograno, per augurarsi un anno dolce e prospero. Tra i vari piatti, differenti nelle varie tradizioni, è una costante la presenza di qualche parte della testa dell’animale, come simbolo del capo dell’anno. Solitamente viene portata in tavola anche una forma di pane chiamata challa, di forma tonda, a simboleggiare la circolarità dell’anno. Domani sera, si serviranno più varietà possibili di frutta, perché vengano incluse nella benedizione di shehekheyanu (che si recita la prima volta che si assaggia qualcosa nell’anno).
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