II Domenica dopo Pasqua (C)

 

II Domenica dopo Pasqua  (C)

Un credente crede ai miracoli, ma non per i miracoli

“Commento di don Franco Galeone”(francescogaleone@libero.it)

*  Durante la quaresima abbiamo certamente fatto la “Via della croce”. Sta bene, è una cosa molto utile. Dopo Pasqua, però, siamo invitati alla “Via della gioia”. Non esiste niente di simile nelle nostre chiese. È un male, perché queste “Stazioni della Gioia” dovrebbero essere altrettanto frequentate e meditate quanto le “Stazioni della Croce”. La percorreremo insieme, queste domeniche, la “Via della gioia”. Mediteremo sulle apparizioni del Risorto, con le quali Egli con pazienza e tenerezza ha tentato di svegliare i suoi apostoli alla gioia. I cristiani a volte sembrano essere i professionisti della disgrazia, specializzati in funerali! Intervengono volentieri quando le cose vanno male. Quando occorre diffondere la gioia, non sanno più cosa fare. Senza dubbio, la gioia cristiana non è facile. È una tristezza superata! Il cristiano non è ottimista ma un realista: vede le cose e la vita nella loro “realtà”, cioè in Dio! Chesterton ha detto che l’ottimista è uno stupido felice, e il pessimista uno stupido infelice.

*  La prima stazione è quella di Tommaso l’incredulo, un autentico uomo di oggi, uno che crede solo a quello che tocca, uno che non vuole più cadere nelle illusioni. Per lui, il peggio è sempre la cosa più sicura: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, non crederò”. Una durezza così spietata non può derivare che da una terribile sofferenza. Per non soffrire più, si rifugia nella disperazione. Essere morti fa meno male che essere vivi. C’è qualcosa di grande e di puerile insieme in questa rabbia di Tommaso e dell’uomo contemporaneo. Colui che pretende di non avere più speranza, è uno che spera di non sperare. Chi pretende di non credere a niente, è uno che crede di non credere a niente. Chi afferma che tutto è incerto, fa un’affermazione che crede certa, almeno lui. Chi dice di non avere illusioni, ne è pieno.

* Tommaso si mise contro tutti. Il primo protestante della storia è lui! Se fosse stato conformista, sarebbe diventato un mediocre cattolico e mai avrebbe detto: “Mio Signore e mio Dio!”. Diventando un protestante si è preparato ad essere un fervente cattolico. Gli apostoli erano tanto infuriati per la sua ostinazione che volentieri lo avrebbero preso a pugni per costringerlo a credere (è il metodo della violenza cattolica che conta numerosi seguaci, ieri e oggi!). Cristo però si è schierato dalla parte di Tommaso. “Tommaso, ecco il mio corpo. Fa’ quello che vuoi!”. Non c’è stato peggior castigo per Tommaso dell’aver ottenuto quanto aveva chiesto! Adesso non aveva più voglia di verificare; avrebbe dato qualunque cosa pur di non mettere le sue mani nelle piaghe del Cristo, per non sentire quel dolce rimprovero: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”. Doveva invece toccare, per docilità, per pentimento; non come chi vuole accertarsi, ma come chi compie un pellegrinaggio. Folgorato, è caduto in ginocchio: “Mio Signore e mio Dio!”. È il primo che chiama Cristo “Mio Dio”.

* Da questo Tommaso dubitante e violento, Cristo ha ricavato il più bell’atto di fede. Questo è il lavoro del Signore: fare di tutte le nostre colpe delle felici colpe. Stiamo attenti! Le nostre preghiere sono sempre esaudite, e il Signore è a volte così buono da ascoltare anche le preghiere sbagliate. Concede al figlio prodigo la parte di eredità che gli spetta, pur sapendo quale triste uso ne farà. Calma la tempesta sul lago, ma poi rimprovera gli apostoli perché non hanno fede. Felici noi se saremo saggi, se avremo un po’ di pazienza e di fiducia. Facciamo a Dio l’unico dono possibile quaggiù: credere a Lui un po’ prima di averlo visto, credere al cielo un po’ prima di entrarci!  Un cordiale SHALOM ai miei cinque lettori.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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