III Domenica dopo Pasqua (C)

Solo una chiesa di servitori promuove la libertà

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

*  Il brano del vangelo descrive tre scene: a) la pesca miracolosa, segno della sua presenza efficace: non ci troviamo davanti a un fantasma o un’invenzione o un’allucinazione; b) il banchetto, segno di comunione, di intimità, di realismo perché si tratta di mangiare e bere in compagnia; c) il dialogo tra Cristo e Pietro, con la sua missione, segno della presenza di Cristo nella chiesa, nei successori di Pietro.      

*  Dopo gli anni difficili ed esaltanti al seguito di Gesù per le strade e i villaggi di Palestina, dopo i terribili giorni dell’ultima Pasqua, i discepoli sono ritornati, delusi, alle loro occupazioni giornaliere, a quella vita che pure avevano abbandonata nella speranza di un futuro migliore. Il loro cuore era così oppresso da non accorgersi che Gesù era tra loro, parlava a loro. Come ci somigliano! Anche noi trasciniamo le nostre giornate a capo chino, e spesso non riconosciamo la presenza di Cristo nei piccoli fatti della nostra vita. Ma se l’attesa non sarà del tutto spenta nei nostri cuori, viene il momento di cambiare vita. Perché c’è sempre un lato destro della barca che pullula di pesci. Allora, come Pietro, non avremo neppure la pazienza di accostare, ci getteremo subito in acqua, ascolteremo la voce che ci chiede di amare, senza riserve, ascolteremo soprattutto quel comando che temevano di non sentire mai più: “Seguimi!”.

*  Questa seconda stazione  “della gioia” è la più bella, un racconto fatto di brezza marina, di aria aperta, di sole che sorge sul mare. Gli apostoli sono tornati desolatamente al loro antico mestiere. Gesù raggiunge i discepoli in tutti i luoghi dove si credevano soli, abbandonati, perduti, e li ha dolcemente ricondotti alla fiducia, li ha pazientemente convinti della sua presenza, li ha svegliati alla sua gioia. Appare Cristo risorto e prepara loro qualcosa da mangiare. Il Signore è stato tanto umano e servizievole da preparare loro una colazione! Anche qui il Cristo si è fatto riconoscere allo spezzare del  pane. Ma questa volta non solo lo ha diviso, lo ha anche fatto cuocere! Insegnamento per quanti devono cucinare, per quanti devono compiere cose che credono profane, e che dovrebbero invece santificare con l’amore. Tempo fa andai a trovare una coppia di antichi militanti di Azione cattolica, e mi sentii dire: “Padre, che nostalgia! Una volta andavamo a messa, alle adunanze, ai ritiri … Adesso è impossibile, siamo immersi nelle attività fino al collo”. “Non capisco, perché parliate così. Vivete una vita d’amore, siete a servizio uno dell’altra, e tutti e due a servizio dei figli. Siete nella condizione del Signore, di colui che serve. E’ una magnifica somiglianza con lui”.

*  “Pasci i miei agnelli”. Come sempre, questo suo apparire e questo suo mangiare insieme con noi terminano con una missione. “Mi ami, Pietro? Sì? Ebbene, occupati degli altri, va’ dai tuoi fratelli, diventa un altro me stesso. Non sono venuto per essere servito ma per servire”.  Pietro voleva compiere un’azione di grazie e di adorazione. E il Signore gli comanda: “Occupati degli altri, servi i miei fratelli”. Ogni autorità deve imitare quella di Cristo, il primato del papa è un primato di funzione e di servizio. Nel cristianesimo non ci sono onori ma responsabilità. Non presidenze ma servizi, non posti da coprire ma fratelli da servire, non professionisti di carriera ma dilettanti di amore. Diceva Ignazio di Antiochia che, se primati ci devono essere, uno solo è accettabile: il primato e la presidenza dell’amore! Il titolo più bello con cui i papi hanno firmato i loro documenti è “Servo dei servi del Signore”.

Un cordiale SHALOM ai miei cinque lettori.

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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