IL BULLISMO: FENOMENO SOCIALE

               

 

“Bullismo”, dall’inglese “to bully”, fare il prepotente, è un fenomeno perpetrato da bambini e ragazzi nei confronti dei propri coetanei, soprattutto in ambito scolastico.

Gli episodi di bullismo si differenziano dalla violenza generica, perché sono messi in atto tra pari, ossia tra persone della stessa età, sono ripetuti nel tempo e la vittima non riesce a difendersi.

Il bullismo deve la sua forza alla complicità di coloro che stanno intorno, cioè dei compagni di classe che, testimoni dell’accaduto, preferiscono tacere piuttosto che denunciare gli episodi.

La prima via di uscita dal bullismo è, invece, parlare degli episodi di violenza di cui si è vittime o testimoni, con i genitori, gli insegnanti o altre persone di fiducia.

Per quanto il fenomeno del bullismo si è intensificato nei tempi moderni, complice la società nella quale viviamo, che trasmette disvalori e privilegia la sopraffazione e l’arroganza al rispetto dell’altro, tuttavia la letteratura ci riporta esempi “antichi” di bullismo.

Così Edmondo De Amicis dipingeva il bullo Franti nel libro Cuore: “E’ malvagio. Quando uno piange, egli ride. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno. Egli odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro”.

Il primo a registrare il termine bullo in un dizionario è stato Alfredo Panzini: lo definisce voce romanesca che sta per “smargiasso, bravaccio, teppista”.

Dunque, fare il bullo, significa dominare i più deboli con atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continue angherie e soprusi i compagni di classe o di giochi fisicamente e caratterialmente più indifesi. Citiamo la definizione di Dan Olweus: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni”.

 Il bullismo può assumere forme differenti: fisiche, colpire con pugni o calci, appropriarsi, o rovinare, gli effetti personali di qualcuno; verbali: deridere, insultare, offendere, minacciare, prendere in giro ripetutamente, fare affermazioni discriminanti; indirette: diffondere pettegolezzi e calunnie, diffamare, escludere qualcuno dal gruppo di aggregazione.

Ci sono diverse tipologie di bullo: bullo dominante, le cui caratteristiche sono: aggressività generalizzata sia verso gli adulti sia verso i coetanei, impulsività e scarsa empatia verso gli altri, questi bambini vantano la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione, hanno un atteggiamento positivo verso la violenza, poiché è ritenuta uno strumento positivo per raggiungere i propri obiettivi; bullo gregario: più ansioso, insicuro, poco popolare, cerca la propria identità e l’affermazione nel gruppo attraverso il ruolo di aiutante o sostenitore del bullo.

Le caratteristiche della vittima sono scarsa autostima e opinione negativa di sé, i bambini vittimizzati sono ansiosi e insicuri, spesso cauti, sensibili e calmi. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l’incapacità, l’impossibilità o difficoltà di reagire di fronte ai soprusi. Esiste, tuttavia, un altro gruppo di vittime: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiose e aggressive. Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi. Tendono a controbattere e hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli.

Compito della scuola e degli adulti in generale, nonché, di tutte le agenzie formative è sicuramente quello di cercare di mediare le complesse relazioni sociali e affettive che intercorrono tra i giovani d’oggi. Noi adulti, genitori, educatori, operatori nel sociale, etc…, dovremmo interrogarci quotidianamente sulle motivazioni che hanno portato all’esasperazione di tale fenomeno.

Il nostro compito è quello di incentivare l’educazione all’affettività ed al rispetto del prossimo, soprattutto se più fragile, più bisognoso di aiuto e di sostegno altrui.

L’esempio è sempre l’insegnamento migliore!

Prof.ssa Angela Nespoli

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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