LO SCRITTORE CASTELLANO CAPITANO DI LUNGO CORSO CHE HA GIRATO IL MONDO SULLE NAVI VITTORIO RUSSO SCRIVE SUGLI IMMIGRATI

di Vittorio Russo

Mi ero imposto di seguire gli eventi di queste ore con distacco. Non posso tacere, però, la vergogna che provo per questo governo che decide di utilizzare aspre vicende di sofferenza per distrarre l’attenzione dei cittadini dai drammi economici che fra poco morderanno alla gola il nostro Paese. La classe politica al potere crea un alibi sforzandosi di farci credere che il problema dell’Italia sia “l’invasione” di 50 disperati (o 500 o anche 5000,) che stanno per perpetuare il sacco di Roma di Alarico. Guardiamoli bene in faccia questi nuovi Visigoti, questa “razza” profanatrice delle sacre sponde (c’è ancora chi usa la parola “razza” che antropologi e genetisti hanno cancellato da tempo). Sono dei disperati, coperti di scabbia, febbricitanti, maleodoranti, dissenterici, malridotti dopo anni di peregrinazioni per deserti e segregazioni in campi di morte e cattiverie che mi vergogno di riferire.

Avete idea di chi sono? Conoscete le ragioni della fuga dalle loro terre? Chi sa delle guerre da cui fuggono? delle carestie di suoli contaminati dalla polluzione atmosferica? Chi sa delle centinaia, e talvolta migliaia, di morti quotidiani fra le sabbie del Sahel? Chi conosce la dimensione di vita di un villaggio subtropicale privo di ombra, di acqua, di verde? Chi conta gli ottomila passi che una ragazzina di dodici anni deve percorrere due volte al giorno per raggiungere un pozzo e riempire un secchio di liquido opaco? Chi sa di quanti grammi di cassava può disporre un essere umano laggiù, per vivere ancora un giorno?
Sono questi gli invasori?
No, sono esseri umani che hanno diritto alla vita e a spostarsi ovunque sia possibile trovarla sulla scorza sporca di questo Pianeta. Se noi conserviamo ancora uno iota di dignità e di quella humanitas che ci distingue dalle bestie, se riusciamo ancora a temperare la nostra rapacità, dobbiamo avvertire l’obbligo di aiutarli a vivere.

Poi apprendo che il Pianeta a nostra disposizione va esaurendo le proprie risorse, che gli Stati Uniti da soli, per mantenere il ritmo del proprio benessere, avrebbero bisogno di cinque Pianeti Terra e che il 15% della popolazione mondiale dispone di quasi il 90% delle risorse. È plausibile ritenere che 1 miliardo di esseri umani consumi il 90% delle risorse della Terra e lasci ai 6 miliardi restanti solo il 10%? Certo, non può funzionare (cfr. i tanti saggi di antropologia economica oggi in commercio di Illych, Latouche, Patel, Galimberti ecc.). Intanto, c’è ancora gente così cieca, così indomabilmente cieca, che continua a scrivere di questi morti viventi: “palestrati”, con telefonino… scambiando foto messe ad arte in rete, che ritraggono muscolosi pugili di colore passati per migranti. Hanno un telefonino, leggo da qualche parte, ed è spesso vero. Ma cambia qualcosa della loro sorte? Io aggiungo che qualcuno di questi derelitti ha perfino un paio scarpe e un copricapo di luridi cenci… Testimoniano forse il loro benessere?

Rifiutare aiuto a questa gente è ritenuto da molti la proporzionata risposta di Salvini e di questo governo di incapaci a risolvere un non-problema. Dico, invece, che questo è solo un modo ottuso per rendere muti i nostri cervelli. Dov’è la misericordia? dove l’amore per il prossimo di cui grondano le nostre tradizioni religiose e ancor più quelle dei trenta secoli della nostra storia che vantiamo essere stata maestra di genti? E dove è la “pietas”? dove la compassione, il patire con chi soffre, perché questo significa compassione!
Rifletto che la vita degli umani è come un libro. Per noi Occidentali, ricchi e grassi, è un libro denso di molte pagine, come un vocabolario. Per la maggior parte del genere umano, invece, si riduce a essere un foglio solo, talvolta appena scarabocchiato. Così, mentre noi misuriamo con i calendari la noia del tempo lungo della vita che ci riserva il benessere, gente sfortunata accanto a noi misura il tempo suo con il contasecondi di chi muore nel nostro disprezzo e nella nostra sbadigliante indifferenza.
…Perché non è colpa nostra se per tutta la loro storia gli africani si sono lasciati dominare da noi! Così ha scritto, con mio estremo stupore, qualcuno in un precedente post sul tema.

La sacralità suprema di ogni vita dovrebbe essere così istintivamente forte che nessuna urgenza di dare aiuto dovrebbe avere una più impellente priorità. Perché se la morte è la sola vera eredità di ogni vita, non possiamo fare a meno di assicurarne un respiro proprio a chi la morte ha come destino più immediato. Che la pietà almeno salvi un’esistenza!
Io mi rifiuto di credere che un popolo intero stia seguendo con convinzione la demenza di un cieco che si fa conduttore di ciechi, perché ha quotidianamente bisogno di mostrare muscoli di cartapesta a un’Europa colpevolmente distratta. Verrà un giorno che ci vergogneremo di questo vile momento. Oggi però siamo sulle tribune a stendere il “pollice verso” e chiedere la morte per gente che lotta con disperazione sull’arena dell’esistenza. E questo solo per aver avuto la sventura di nascere nel quadrante sbagliato della geografia.
Io voglio, fin d’ora, e con tutta le mie più radicate certezze, non vergognarmi di essere italiano! Non so voi.

Grazie per la pazienza.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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