MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA? (LC 9, 18)

Domenica 19 Giugno 2016
19 Giugno: XII Domenica tempo ordinario (C)
Ma voi, chi dite che io sia? (Lc 9, 18)
”Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)
1. La domenica delle domande. Gesù si trova in un luogo solitario a pregare… Silenzio, solitudine, preghiera sono il grembo in cui si chiarisce l’identità profonda. Sono i momenti in cui la verità si fa tangibile, la senti intorno a te come un manto luminoso. E in quest’ora speciale Gesù pone la domanda decisiva, da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, morte, vita.
2. Chi sono io secondo la gente! Prima domanda. Da indagini demoscopiche, avremmo le risposte più varie. Per i maschilisti, Dio è padre; per le femministe, Dio è madre! Un profeta, un maestro, una creatura di fuoco e luce… E’ difficile per Dio farsi riconoscere dagli uomini; le rappresentazioni che noi inventiamo su di lui sono così false e pericolose che è meglio combatterle anziché servirsene. Forse hanno ragione quei filosofi e teologi che sostengono la teologia negativa: è meglio tacere che parlare di Dio, il mistero di Dio va adorato e non discusso! Gli uomini si sono sempre tanto sbagliati parlando di Dio, che è venuto egli stesso sulla terra a rivelarsi: ha spezzato il vitello d’oro di ogni teologia scientifica, ha detto parole tanto rivoluzionarie che gli sono costate la vita. Dio nessuno lo ha conosciuto! In mezzo a voi c’è Uno che non conoscete, e del quale però parliamo e scriviamo tanto. Istintivamente noi immaginano un Dio a somiglianza delle nostre ambizioni. Noi crediamo che Dio sia onnipotente e onnisciente, ma non è vero: quell’Uomo in croce testimonia che Dio è impotenza di forza e onnipotenza di amore. La mente umana può pensare solo mediante un processo di oggettivazione o di cosificazione. Ne consegue che il Trascendente, quando entra nell’ambito della nostra immanenza, diventa oggetto, cosa, quindi noi non conosciamo più Dio, ma la sua oggettivazione costruita dalla nostra mente. Anche se a tale oggettivazione diamo titoli solenni, divini appunto, come Infinito, Onnipotente, Assoluto, Eterno, Immortale… In realtà, questi titoli esprimono non Dio in sé, ma nostre rappresentazioni o nostre oggettivazioni del Trascendente. È quello che P. Ricoeur ha definito il processo di conversione diabolica in virtù del quale il Trascendente, nell’oggettivarsi nella nostra mente, degenera in cosa. A partire dalla nostra immanenza, possiamo pensare solo realtà immanenti, anche se rappresentiamo l’immanente mediante l’utilizzo di miti, teofanie, cratofanie e di titoli solenni o spaventosi. Queste rappresentazioni di Dio in realtà sono solo fenomeni culturali, che – come tutti gli organismi biologici – conoscono la nascita, lo sviluppo, la morte. È il caso delle più antiche religioni del mondo, quella mesopotamica e quella egizia. Nonostante questi limiti invalicabili, cercare Dio, però, non è mai inutile.
3. Voi, chi dite che io sia? Seconda domanda. Gesù, maestro di umanità, non impone risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. Preceduta da un «ma», è in contrapposizione alle risposte della gente: quella di Gesù non è una domanda per esaminare il livello di conoscenza, l’esatta definizione di Cristo. Gesù li interpella personalmente. Voi che siete stati battezzati, cresimati, che venite a messa e ascoltate la Parola di Dio: per voi chi è Cristo? Non rispondiamo con le parole degli altri, con una definizione del catechismo. Voi, io, abbiamo mai fatto almeno una volta l’esperienza dolorosa e beatificante di incontrare il Signore? Ci siamo mai sentiti perdonati e amati, inseguiti e afferrati da questo immenso e paziente Dio? Noi, nativi cristiani, corriamo il pericolo di vegetare in un ambiente dove tutti si dicono cristiani, ma senza sperimentare la forza trasfigurante del Vangelo. Pietro risponde con la sua irruenza: Tu sei il Cristo di Dio. Pietro non sa che cosa lo aspetta. C’è un grande equivoco: gli apostoli intendono il Messia come potere, Gesù invece come amore. Gesù non vuole essere quello che i connazionali vogliono che egli sia: il generale vittorioso o il taumaturgo onnipotente, ma quello che il Padre vuole che egli sia: il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo. La risposta di Gesù ci sorprende ancora: ordinò severamente di non dire niente a nessuno. Severamente, perché c’era (e c’è) il grave rischio di annunciare un Messia sbagliato. Ed è lui stesso a delineare il vero volto del Messia: deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Dio è passione, passione d’amore, una passione che nessuna tomba può imprigionare.
4. Ognuno prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Gesù non dice prenda la mia croce, ma la sua, ciascuno ha la sua croce, anche Gesù. Il progetto è unico, ma ognuno percorrerà la sua strada libera e creativa, diversa da tutte. Qualunque sia il tuo stato di vita, l’età, il lavoro, la salute, tu puoi, con le tue fatiche, i tuoi talenti e le debolezze, prendere il Vangelo su di te e collaborare con Cristo alla sua stessa missione. Prendere la croce non significa avere pazienza, ma impegnarsi per l’avvento del regno di Dio. Il nostro Gesù ha preso la sua croce ogni giorno: questo non è qualcosa da ricordare con venerazione o stupore: è un impegno quotidiano! Come? L’apostolo Paolo ce lo indica: non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, perché tutti siamo uno in Cristo Gesù. Questo vuol dire che, nel regno di Dio, le differenze vanno tutte abolite. Nella chiesa queste distinzioni sono ancora visibil: la tendenza a scomunicare gli altri non è finita. I cristiani tradizionali credono nell’immutabilità delle leggi e perciò finiscono per difendere le leggi dei potenti, dell’ordine (o disordine?) costituito. La natura non vuole divisioni, perché la natura non esiste, è un’invenzione filosofica. Esiste l’uomo che è signore della natura, come quell’Adamo messo nel paradiso terrestre, non per contemplarlo ma per trasformarlo. Non è per natura che ci siano liberi e schiavi, che la donna sia inferiore all’uomo, che il ricco sfrutti il povero. La degradazione del cristianesimo a “religione” ha portato alla conservazione dell’establishment costituito, con le sue caste e i suoi privilegi. La fede non è un grido nel vuoto, un gregoriano cantato mentre la sinagoga brucia, non è uno starsene con le mani alzate sul monte, ma è lottare insieme nella pianura della storia, con la fiducia che Dio completerà il nostro lavoro. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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