MONS. FRANCESCO PERROTTA – GIOV. 26 GIU. 2025 –

di Paolo Pozzuoli
Eccellenza Reverendissima, ill.mi Sacerdoti, Autorità, gentili signore, esimi signori. Sono davvero onorato – credetemi – perché questo mio intervento è finalizzato a manifestare, evidenziare e ricordare il rapporto semplicemente straordinario che ho avuto e, nel tempo, mi ha legato sempre di più al caro, indimenticabile don Ciccio sia nella Parrocchia di San Marco Evangelista che fuori. Un rapporto iniziato dai primi momenti in cui don Ciccio celebrava le Sante Messe in sostituzione dei Parroci altrimenti impegnati per motivi inerenti il loro apostolato.
Prima ancora cioè della sua nomina ad Amministratore Apostolico conferitagli da S. Ecc. Monsignor Antonio Di Donna, nostro amato Vescovo, ultimo Presule della Diocesi di Acerra, in ordine di tempo, ad essersi rapportato con don Ciccio, ad averne saggiato e apprezzato le qualitative risorse presbiterali, umane, culturali e, a volte, consentito qualche suggerimento ben utile alla causa. Tutto questo, Eccellenza Reverendissima, abbiamo avuto modo di recepirlo nelle Eucaristie che ha presieduto per i riti funebri celebrati per ricordare don Ciccio: Sacerdote, Uomo, Storico. Straordinariamente esemplare ed inimitabile in ogni aspetto. Quanti insegnamenti, assolutamente belli, traspaiano in tutti i numerosi testi di don Ciccio, per uno dalla “cultura esagerata”, per un altro “mostro di sapere”, per altri ancora “enciclopedia vivente” e “biblioteca umana”.
Sufficienti a mio modesto parere l’aver riferito a don Michele Grosso, Parroco di San Marco Evangelista, che aveva già tutto pronto per il “Giubileo” (Michè, stai tranquillo, non ti preoccupare perché per il Giubileo ho preparato tutto, è tutto pronto), “Il testamento spirituale”, i convegni dal tema “L’Alfabeto dell’Amore in Famiglia”, “L’amore che diventa fecondo, da Amoris Laetitia”, e la serie di libri che ci ha lasciato, a partire da “La vita religiosa nell’Università di Arienzo nel ‘500 e agli inizi del ‘600”, continuando con “L’opera di S. Alfonso Maria de’ Liguori Vescovo di S. Agata de’ Goti nella Terra di Arienzo”, “Le Monache Rocchettine di Arienzo”, “La Chiesa e il Monastero di S. Agostino di Arienzo”, “L’Episcopato campano al Concilio di Trento”, “Deo Gratias et Mariae”, “Tozzole” e, per finire, con “S. Ecc. Monsignor Paolo Pozzuoli”. Molto eloquenti sono anche le testimonianze di amici raccolte nel volume “a Don Ciccio”. Noto con gioia la presenza di don Antonio Abbatiello, Parroco e Custode della Cattedrale di Sant’Agata de’ Goti, molto legato a don Ciccio sia quale Sacerdote sia per le ben note affinità culturali. Don Antonio – se la memoria non mi inganna – ebbe a presiedere, concelebranti don Ciccio, don Antonio Cozzolino e don Gregorio Crisci cui va il mio riverente pensiero – la Santa Messa Solenne in onore della Madonna Addolorata e rimase con noi tutta la serata che si concluse con uno armonioso spettacolo della rinomata “Fisorchestra Liberina” fondata dal prof. Pasquale De Marco, tuttora direttore e maestro concertatore, molto caro e stimato da don Ciccio.
Don Ciccio ha donato tutto se stesso alla Comunità di San Marco in ogni occasione, ogni momento per parteciparci, comunicarci, insegnarci l’importanza del vivere civile, della convivenza, dell’amarci vicendevolmente, trasmetterci il messaggio dell’amore fraterno ed esortarci a mettere ordine nella nostra vita. Ricordo il primo incontro con don Ciccio: il 31 maggio 2014 nella ricorrenza del suo 61° anniversario di sacerdozio (l’ordinazione venne celebrata nella Chiesa di San Marco Evangelista il 31 maggio 1953). Nella speciale ricorrenza, la comunità intese attestare tutto l’affetto e la smisurata gioia per don Ciccio con una targa. Da allora, il carissimo don Ciccio non smise mai di accogliere e coinvolgere quella bellissima comunità nelle celebrazioni e funzioni religiose sempre più numerose ed intense che non sto qui ad elencare per non rischiare di dimenticarne qualcuna. Don Ciccio, nel corso del suo apostolato, è stato semplicemente instancabile, sempre attivo, pronto a trovare ogni soluzione per ciascuno dei gravosi compiti che gli piovevano addosso. Si è sempre profuso nell’insegnarci a rispettare le leggi della chiesa, a non essere superficiali e soprattutto ad approfondire le ragioni dell’essere Cristiani. La sua presenza in mezzo a noi è stata esemplare per serietà, sobrietà, semplicità, sincerità, impegno, umiltà e dedizione. Ci lodava per il nostro impegno e le nostre piccole opere fatte bene e ci rimproverava quando lo riteneva necessario e, in particolare, quando notava qualche nostro errore.
Ed ora, sento il dovere morale e affettivo di soffermarmi e rendervi partecipi del testo “S. Ecc. Monsignor Paolo Pozzuoli” scritto a quattro mani da don Ciccio e Paolo Pozzuoli. Un libro che ha inteso recuperare la memoria di Monsignor Paolo Pozzuoli (uno delle cinque persone ad essere ricevuto da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori) e far conoscere la storia di Vitulazio, suo paese natale (Origini, culto della Madonna dell’Agnena con i miracoli, località Agnena e Tutuni, Cappella Luciani, mestieri, personaggi e, dulcis in fundo, la storia dei 54 Martiri).
Dico subito che S. Ecc. Monsignor Paolo Pozzuoli è stato nostro Vescovo dal 1 Aprile 1792 all’8 Marzo 1799, quando Arienzo, San Felice a Cancello e altri Paesi del circondario appartenevano alla Diocesi di Sant’Agata de’ Goti in un’epoca in cui la Diocesi era ricca. Ed è rimasto qui, in questa maestosa Basilica dedicata a Sant’Andrea Apostolo, sepolto, esattamente “sotto il pavimento, davanti all’Altare del Corpo di Cristo, perché fosse continuamente calpestato da tutti coloro i quali si sarebbero accostati alla Sacra Mensa”.
Don Ciccio ha immediatamente avvertito che c’era un qualcosa di particolare che lo legava a Monsignor Pozzuoli ed ha scritto che “è stata una gioiosa scoperta ‘incontrare’ i due Paolo Pozzuoli, separati da 202 anni” e “parlare di Mons. Paolo Pozzuoli, è lo stesso che ricordare un personaggio ‘grande’, un ‘santo’. Maturato presto per il Regno di Dio, ‘consummatus in brevi’, egli partì prematuramente da questa valle di lacrime”. Breve il suo Ministero ma particolarmente intenso per le opere realizzate. Ammirevole per moralità, rettitudine, zelo, era caritatevole con i poveri, visitava gli ammalati, accompagnava il viatico agli infermi, aveva a cuore l’educazione dei giovani, effettuava un’assidua assistenza al seminario, sorvegliava le sale, il refettorio, la Cappella, visitava la sua Diocesi. Ricostruì l’atrio della Cattedrale adornandolo di statue di scelti marmi, arricchì di sacre suppellettili la Cattedrale dove nell’anno 1786 tenne un sinodo. Invitava i Pastori delle vicine sedi a constatare la preparazione letteraria dei giovani alunni, tanto bravi che il dotto Prelato di Telese, Monsignor Lupoli, e l’Arcivescovo di Lanciano, Monsignor Amorosi, in una pubblica accademia data dal sempre grande Paolo, ritennero e dichiararono pubblicamente che, per loro, il Seminario Santagatese era paragonabile al Liceo de’ dotti e alla sede di Minerva.
Pagò 500 ducati per dirimere un’antica vertenza sui rapporti tra la Santa Sede e la Corte di Napoli. Andò personalmente nelle masserie e nei casali a raccogliere soldi necessari per restaurare la Chiesa di S. Felice. Ricordo ancora che, alle ore 21:00 del 12 dicembre 1797, nella Cappella del Palazzo vescovile in Arienzo, il “Sacro Prelato Monsignor D. Paolo Pozzuoli, avanti a testimoni tutti probi, cioè Sacerdoti, Religiosi e Valentuomini, aprì la Cassa dove stava il Corpo unitamente con sangue del glorioso Martire S. Clemente”. Intendo ancora evidenziare che Monsignor Paolo Pozzuoli, esemplare per umiltà e di spiccata onestà morale e intellettuale, non esitò ad informare Re Ferdinando – invocandone l’autorevole intervento – i soprusi che venivano commessi dall’Amministratore laico della Chiesa A.G.P. di Arienzo nella sua Diocesi.
E, dopo tutto questo, concludo significando che il nostro don Ciccio, diletto figlio del laborioso e amorevole “Zi’ ’Ndrea ’u ’nzertatore” come amava ricordarlo e raccontare con dolce e velata nostalgia, impregnato di incredibile umiltà, bontà, carità nella sua riconosciuta grandezza di Uomo, Sacerdote e Storico, cui ho nutrito smisurato affetto e non per questo sentimento l’ho immaginato immortale tra noi e la sua illimitata, indescrivibile gente, alle prime luci dell’alba del 23 marzo 2025, consegnava l’aureola di “Storia terrena” per raggiungere il suo posto nella “Gloria celeste”.