“Padre Pio: Maestro di carità operosa ed accogliente”, il secondo capitolo delle catechesi che ci accompagneranno quest’anno…

Carissimi,

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È la preghiera che spande il sorriso e la benedizione di Dio
La spiritualità dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio
II
Padre Pio: Maestro di carità operosa ed accogliente
Dal Vangelo secondo Matteo (25, 31-46)
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
Nel Vangelo secondo Matteo, Gesù – attraverso una serie di parabole – presenta il Regno dei cieli al quale il credente è chiamato ad aderire attraverso la fede, il cammino di conversione, ma soprattutto vivendo nella propria esistenza quell’amore che ha origine nella Trinità e che Gesù è venuto a rivelare. Le prime comunità cristiane riflettono su questo grande amore a partire dal dono che Lui fa nella sua passione, ma sono invitate costantemente a riviverlo aprendo il cuore a coloro che più assomigliano al Cristo crocifisso: i poveri, i piccoli, gli affamati, i diseredati e tutti gli scartati dalla società.
La domanda di incontrare il Signore che soggiace a tutte le nostre preghiere (ripetiamo spesso: Vieni Signore Gesù, Vieni Spirito Santo), trova nelle persone bisognose la risposta vera ed efficace: Gesù si mostra in loro, rende visibile in loro il suo volto. Dopo che gli confessiamo, pregando con le parole del Salmo (27,8) “Il tuo volto Signore io cerco, mostrami il tuo volto”, lo troviamo e incontriamo nell’accostarci ai “più piccoli”, che scopriamo nostri “fratelli” e icone del suo volto crocifisso.
La preghiera cristiana non esclude nessuno, i nostri Gruppi sono chiamati a vivere la carità della preghiera nell’accogliere, anzi, nel cercare proprio coloro che, per diverse situazioni, si sentono emarginati o trovano difficoltà ad aprire i loro cuori al Signore e trovare posto in gruppi o istituzioni ecclesiali. I Gruppi di Preghiera di Padre Pio devono essere cenacoli aperti a tutti, incominciando da chi si trova in difficoltà a trovare uno spazio nella comunità credente.
Da una lettera di Padre Pio a Raffaelina Cerase (Ep. II, pp. 234-235)
Quello che però che a questo gran santo [San Paolo] più gli sta a cuore è la carità e perciò, più che qualunque altra virtù, egli vivamente la raccomanda e vuole che si
È la preghiera che spande il sorriso e la benedizione di Dio
La spiritualità dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio
conservi in ogni azione, essendo l’unica e sola virtù che costituisce la perfezione cristiana: “Sopra tutto – egli dice – conservate, abbiate la carità che è il vincolo della perfezione”.
Vedete: egli non si contenta di raccomandarci la pazienza, di sopportarci scambievolmente, anche esse nobili virtù; ma no, egli vuole la carità ed a ben ragione, poiché può benissimo darsi che uno sopporti pazientemente gli altrui difetti, perdoni pure le offese ricevute; ed il tutto può essere senza merito, quando si è fatto senza la carità, che è la regina delle virtù e che in sé tutte le racchiude.
Perciò, sorella mia, abbiamo in grandissimo conto questa virtù, se vogliamo trovare misericordia presso il Padre celeste. Amiamo la carità e pratichiamola; essa è quella virtù che ci costituisce figliuoli di uno stesso Padre che è nei cieli; amiamo e pratichiamo la carità, essendo essa il precetto del divin Maestro: di qui noi ci distingueremo dalle genti, se ameremo e praticheremo la carità; amiamo la carità e fuggiamo persino l’ombra, che in qualsiasi modo potrebbe offuscarla; sì, amiamo infine la carità e teniamo sempre a noi presente il grande insegnamento dell’apostolo: “essere noi tutti, membra di Gesù Cristo” e che Gesù solo è il “capo di tutti noi, sue membra”. Mostriamoci amorevoli scambievolmente e ricordiamoci che tutti siamo stati chiamati a formare un sol corpo, e che se noi conserveremo la carità, la bella pace di Gesù trionferà sempre esultante nei nostri cuori.
La carità, regina delle virtù
Una delle perle dell’Epistolario di Padre Pio è costituita dai saluti iniziali di ogni lettera, che non sono mai banali, anzi spesso racchiudono dei preziosi insegnamenti. A padre Benedetto augura: «Gesù risorto riempia anche il vostro spirito di fiamme divine e vi faccia sempre più crescere nella regina di tutte le virtù, la carità. E così sia» (Ep. I, p. 556). Mentre, rivolgendosi a padre Agostino, scrive: «Piaccia a Dio conservarvi nel suo santo amore, e farvi sempre più avanzare nella regina delle virtù, la santa carità serafica doppiamente cristiana, e darci in ultimo la contentezza di presto rivederci, ché ne ho tanto, tanto bisogno» (Ep. I, p. 551).
C’è una profonda sintonia tra il cuore così grande e aperto ai fratelli del nostro Papa e Padre Pio: non solo lui viveva profondamente la carità, ma era molto esigente nei confronti delle figlie spirituali; il progresso spirituale per lui era molto legato alla capacità di vivere quell’amore che Gesù aveva insegnato con il suo sacrificio.
Radicare la virtù della carità nelle scelte di Cristo, voleva dire per lui, eliminare ogni possibilità di compromesso. Se leggiamo alcune espressioni delle lettere che indirizzava alle figlie spirituali, il suo linguaggio, quando parla di quella virtù, diventa perentorio. In una lettera a Raffaelina Cerase richiama l’insegnamento di San Paolo: «Quello che però che a questo gran santo più gli sta a cuore è la carità e perciò, più che qualunque altra virtù, egli vivamente la raccomanda e vuole che si conservi in ogni azione, essendo l’unica e sola virtù che costituisce la perfezione cristiana: “Sopra tutto – egli dice – conservate, abbiate la carità che è il vincolo della perfezione” (Col 3,14). Vedete: egli non si contenta di raccomandarci la pazienza, di sopportarci scambievolmente, anche esse nobili virtù; ma no, egli vuole la carità e a ben ragione, poiché può benissimo darsi che uno sopporti pazientemente gli altrui difetti, perdoni pure le offese ricevute; e il tutto può essere senza merito, quando si è fatto senza la carità, che è la regina delle virtù e che in sé tutte le racchiude» (Ep. II¸ pp. 234-235).
L’attenzione di Padre Pio a non fermarsi al gesto, ma a guardare l’atteggiamento del cuore nel momento in cui si compie la carità è molto importante per la nostra crescita spirituale.
Entriamo subito, così, nelle pieghe di un cristianesimo che deve lasciare ogni giorno una sua traccia nella vita spirituale: occorre cercare il volto di Cristo, ma anche allontanare dal nostro cuore tutti quegli atteggiamenti contro la carità che ci allontanano, anche inconsapevolmente da Lui. Il peccato contro la carità non è solo il più frequente nelle nostre confessioni, ma è anche quello che viene
È la preghiera che spande il sorriso e la benedizione di Dio
La spiritualità dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio
confessato con meno vergogna, quasi che faccia parte un po’ del nostro corredo irrinunciabile di umanità.
Il termine che viene utilizzato spesso da Padre Pio è preso dai classici della spiritualità: «le frequenti ricognizioni» delle proprie debolezze e lui era molto attento e spesso estremamente esigente quando doveva guidare le anime a una piena generosità con il Signore.
Fari di luce, fari di carità
Fr. Modestino descrive così l’incontro dei fedeli con Padre Pio: «Padre Pio era un faro di luce, che emanava raggi infuocati. Quelli che si avvicinavano a Lui ne rimanevano illuminati e riscaldati. La luce e il calore che da Lui emanavano, conducevano alla fede, alla speranza, alla carità. Sono innumerevoli le testimonianze a riguardo: “Per lui son tornato alla fede”. “Mi ha fatto conoscere Dio”. “Mi ha riscaldato col fuoco del suo amore”. Non era di molte parole. Ma quelle poche che diceva colpivano nel segno, centravano l’anima».
Se volessimo richiamare le due figure evangeliche di Marta e di Maria (la vocazione caritativa della Chiesa e quella contemplativa) potremmo dire che Padre Pio le vive in una simbiosi straordinaria (Lc 10,38-42).
È proprio lui, nel suo Epistolario, che, in qualche modo, ci autorizza a leggere in questo senso il suo amore per i bisognosi: «Per i fratelli poi? Ahimè! quante volte, per non dire sempre, mi tocca dire a Dio giudice, con Mosè: o perdona a questo popolo o cancellami dal libro della vita. Che brutta cosa è vivere di cuore! Bisogna morire in tutti i momenti di una morte che non fa morire se non per vivere morendo e morendo vivere» (Ep. I, p. 1247).
Spesso, anche nelle parole di fr. Modestino, le stimmate di Padre Pio vengono lette come il segno più evidente del suo amore per i fratelli, una sofferenza, il sangue letteralmente versato a loro beneficio. I figli spirituali di Padre Pio e – soprattutto – i Gruppi di Preghiera si sentono impegnati a vivere non solo la sua spiritualità di orante, ma anche il suo impegno a favore dei sofferenti e dei bisognosi. In qualche modo occorre avere chiaro che non è un povero ipotetico a essere immagine del Cristo sofferente, ma quel povero, quello che ci sta davanti con le sue ferite aperte, che richiamano le ferite d’amore e di donazione di nostro Signore. Possiamo senz’altro affermare che lo spirito di preghiera e quello di carità si fondono insieme nell’unico culto per il Signore Gesù.
Umiltà e perdono
Una figlia spirituale di Padre Pio, Nina Campanile, era andata a chiedergli consiglio per la penitenza da fare il giorno della vigilia di san Francesco, personalmente si era indirizzata a fare una giornata di digiuno completo. Il direttore spirituale fu inflessibile: doveva lasciar stare il digiuno e andare a rappacificarsi con un’altra terziaria con la quale aveva litigato e non lo doveva fare in disparte, quando nessuno la vedeva, ma a casa sua, dopo pranzo, quando c’erano tutti. La prova fu durissima, soprattutto perché lei riteneva di aver ragione, ma – confessa Nina Campanile – il frutto spirituale fu tantissimo.
La carità: uno stile di vita
Il sollievo della sofferenza! In questa dolce espressione si riassume una delle prospettive essenziali della carità cristiana, di quella carità fraterna, che Cristo ci ha insegnato e che, per suo espresso avvertimento, è e dev’essere il segno distintivo dei suoi discepoli; di quella carità, il cui fattivo esercizio, soprattutto verso i più bisognosi, è un imprescindibile motivo di credibilità di quel messaggio di verità, di amore e di salvezza che il cristiano è tenuto ad annunciare al mondo. Quest’opera per la quale padre Pio tanto pregò e tanto si prodigò è una stupenda testimonianza dell’amore cristiano (GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai medici e ai malati dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, 23 maggio 1987).

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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