PASSIONE DI CRISTO. PASSIONE DELL’UOMO!

Domenica delle Palme (C) – 20 marzo 2016
Passione di Cristo. Passione dell’uomo!
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)
* Comincia, con la domenica delle Palme, la Settimana Santa, la Settimana Maggiore, che riassume una straordinaria storia di sofferenze ed amore, di agonia e gloria. Il testo fondamentale di questa storia è il racconto della Passione. Quando rileggo il lungo racconto della Passione, il libro mi si cancella di mano. Mi ritrovo nella chiesa della mia infanzia, ove mi pare di riascoltare la lettura del Passio a varie voci (Cristo, lo storico, la folla). Qualche volta io stesso ho partecipato a quelle letture. Era e rimane una lettura terribile e stupenda. Una volta la fece il mio professore di italiano, che non sapevo fosse religioso (e forse non lo era). Da allora gli volli bene come un padre e lo vidi quasi intrecciato alla storia della salvezza. In nessuna letteratura esiste sicuramente qualcosa che per densità, rapidità, drammaticità sia paragonabile al racconto della Passione. Quanto non devo alle emozioni di quella Passione, che si ripete ogni domenica delle Palme! Se ho mai scritto qualcosa di valido, il meglio l’ho imparato da quelle pagine di miserie e di nobiltà.
* La liturgia di questa domenica delle Palme è come un portale solenne che ci introduce nella Settimana santa. Centro della liturgia è la lettura della passione di Gesù secondo Luca, una narrazione che parla da sola, attraverso la forza degli eventi stessi. E’ difficile, impossibile, mostrare tutte le sfumature degli episodi e dei personaggi. E’ vero quanto ha scritto lo studioso tedesco Martin Kähler, secondo cui i vangeli sono la narrazione della passione con una estesa introduzione. Senza la morte e risurrezione, Gesù sarebbe al massimo un grande maestro di vita e di pensiero!
La passione e morte di Gesù sono il segno della sua reale umanità e della sua autentica fraternità con noi. Soffrire, morire, sono il segno della finitudine umana, sono la carta di identità della sua e nostra vita. Il Cristo non è un’idea o un mito o una meteora, ma una persona concreta, innervata nelle nostre coordinate spazio-temporali. Scrive Ferruccio Parazzoli nel suo romanzo: Non è una religione di fantasmi la nostra, non di anime spoglie e rilucenti, ma di corpi, questi nostri corpi così come sono, gloriosi e miserabili (Il giro del mondo).
* La Passione di Gesù ci scopre che il mondo vive nella violenza. E’ una scoperta spaventosa, che comunica un senso di impotenza; lo provano non sono solo i tragici fatti di cronaca, ma anche le esperienze quotidiane; la violenza è onnipresente; cambia nomi e forme, arriva a travestirsi di legalità, di ordine costituito. La passione del Signore è lo svelamento della violenza che coinvolge, in una medesima complicità, i potenti e le vittime dei potenti: i soldati che offendono Gesù sono vittime anch’essi dei potenti, sono dentro la loro ideologia; così anche la turba che chiede Barabba libero al posto di Gesù. Nessuno si illuda! Anche stare fermi o nascondersi è compiere violenza. Anche l’eremita vi contribuisce con la sua solitudine. Non si esce da questo mondo! Occorrono molti colpi di martello per configgere un chiodo; molti colpi di frusta per piagare una spalla; molte spine per formare una corona. E l’uomo fa parte di questa umanità che condanna l’Uomo! Non ha importanza che tu sia di quelli che colpiscono o di quelli che guardano.
* La quaresima finisce. Incomincia la passione di Cristo. Voi, che parte intendete prendere alla sua sofferenza? Il Vangelo non è una leggenda o una storia passata: è una profezia. Ci dice quanto è avvenuto, e ci predice quanto sempre avverrà. Come Dio tratta l’uomo, e come l’uomo maltratta Dio! Tutti noi siamo descritti nel Vangelo: siamo previsti e nominati, e basta che apriamo il Vangelo perché possiamo riconoscerci. Vediamo anzitutto i milioni di indifferenti, di vili, la silenziosa maggioranza di quelli che se ne lavano le mani, e che sono i veri responsabili, perché tante ingiustizie non si commetterebbero, se i “giusti” alzassero al loro voce: la tracotanza dei pochi poggia sulla indifferenza dei molti. Poi, migliaia di gente che sta in disparte; gente che nei momenti difficili, come l’apostolo Pietro, non conosce quell’Uomo. Tutta gente perbene, va in chiesa, partecipa alle processioni, si entusiasma per i miracoli, organizza gite turistico-culturali a Lourdes o a Fatima, ma quando c’è la croce e il sangue, quando non ci sono più miracoli, quando l’unico miracolo è la fedeltà a prova di croce, allora l’unico coraggio è quello della fuga. C’è anche qualche migliaio di carnefici; questi non mancano mai, e sono sempre gli stessi: il povero bruto con la sua frusta, lo scienziato con la sua scienza votata allo sterminio, il funzionario con il suo implacabile regolamento, lo sciocco con la sua morbosa curiosità, il medico con i suoi ferri abortivi, il generale con le sue medaglie sul petto e i cadaveri sulla coscienza. E’ la medesima vittima, dolorosa, infinitamente paziente ed amante, che volge a noi uno sguardo di tenerezza, di rimprovero, di attesa.
* Quante vittime sempre e sempre di più. Giusti sofferenti, innocenti perseguitati, milioni di orfani, di mutilati, di profughi, di bambini bruciati, di guerre fredde e calde, di scudi spaziali, di guerre stellari. Ma perché andare tanto lontano? Guardiamoci attorno, in casa nostra: non c’è nessuno che soffre, che piange, che ha fame? C’è tanta spazzatura umana, che aspetta di essere affettuosamente raccolta. Chi sarà per loro la Veronica o il Cireneo? Il tempo stringe, si distribuiscono le parti. Bisogna assolutamente scegliere. “Bisogna scommettere”, ci ricorda lo scienziato convertito B. Pascal! Chi sarà Giovanni, chi Pietro, chi Giuda? Che fortuna! Possiamo scegliere la nostra parte; possiamo essere quello che vogliamo; possiamo diventare nella immensa folla degli indifferenti il servo fedele, il cuore attento, il viso amoroso. Su, andiamo! Non è la fede che ci manca, è solo il coraggio. Non è possibile che Dio sia nuovamente colpito, tradito. Anche la prima volta non ci potevano credere, ma lo hanno fatto; la prima volta e tutte le altre volte si è sempre pensato che si trattasse di un altro: “Ho avuto fame, sete, e tu non mi hai aiutato!”. Abbiamo trascorso una vita intera nel cristianesimo, compiacendoci di pensare Gesù in trono sulle nubi del cielo; ed invece egli è stato sempre sulla terra, nascosto nel pane e nel vino, disprezzato nell’ultimo, misconosciuto nell’emarginato. Ecco, siamo forzati a decidere, con lui o contro di lui, a dichiarare il nostro nome, il nostro partito. Se in questa Pasqua riusciamo a compiere questo “salto” nel buio accecante della fede, conosceremo una vita nuova; per la prima volta saremo felici di soffrire, di condividere le sofferenze. Ci capiterà come a Simone di Cirene. In principio, stupito, umiliato di dover portare la croce, provava in sé ribellione e debolezza. Ma poi la sua attenzione si volse a quell’Uomo che gli camminava davanti, trascinandosi in silenzio, a quel Compagno di viaggio, il cui silenzio lo impressionava. Imparò ad osservare l’Altro, la sua instancabile pazienza, la sua prodigiosa capacità di soffrire e di perdonare. Sentì il fascino della sua forza e dolcezza avvolgerlo; sentì il bisogno di avvicinarlo, e se prima non aveva visto che la croce, alla fine non vide che Cristo, e fu felice di stare con lui, compagno di croce e di caduta. Questa è la nostra religione: sapere che niente dà tanta gioia come la sofferenza accettata per amore! Buona Vita!
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Un aiuto per vivere bene l’Anno della Misericordia
Spunti dalle Fonti Francescane (FF)
Premessa
Mi sia consentita una nota personale: molto conforto nella mia vita ho trovato leggendo la vita del ‘poverello di Assisi’, i suoi scritti e preghiere, il tutto racchiuso in quel prezioso scrigno che sono le Fonti Francescane (FF): un volume di ben 2365 pagine, che tengo a portata di mano accanto alla Sacra Scrittura. Questi articoli hanno un unico intento: trarre spunti sulla misericordia, per la nostra meditazione e preghiera, dalla vita e dagli scritti di san Francesco e dei suoi primi compagni.
Francesco sperimenta la misericordia di Dio mentre è ancora nel mondo
Racconta la Leggenda dei tre Compagni (FF 1410):
Mentre un giorno Francesco implorava con più ardente fervore la misericordia di Dio, il Signore gli fece capire che di lì a poco gli sarebbe stato detto che cosa dovesse fare. Da quell’istante fu
tanto ricolmo di gioia che non si sapeva tenere dal manifestare alla gente, anche senza volerlo, qualche sentore del suo segreto. Ne parlava tuttavia con riserbo. Di lì a poco, ubbidendo all’invito del Signore, compie uno dei primi gesti frutto della ‘nuova vita: ripara la chiesetta di san Damiano.
Scriverà nella Regola non bollata (FF 69):
Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forse, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti e ci salverà per sua sola misericordia; lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi.
L’amore ai lebbrosi tra i primi passi della ‘nuova vita’
Scrive san Francesco nel Testamento (FF 110):
Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo.
“Il Signore preferisce la misericordia al sacrificio”
La Leggenda Perugina (o Compilazione di Assisi), racconta (FF 1568):
Un tempo, nei primordi, quando cioè il beato Francesco cominciò ad avere dei fratelli, dimorava con essi presso Rivotorto. Una volta, sulla mezzanotte, mentre tutti riposavano sui loro letticcioli, uno dei frati gridò all’improvviso: ‘Muoio, muoio!’. Tutti gli altri si svegliarono stupefatti e atterriti. Il beato Francesco si alzò e disse: ‘Levatevi, fratelli, e accendete il lume’. Acceso il lume, disse il beato Francesco: ‘Chi è quello che ha gridato: Muoio?’. Il frate rispose: ‘Sono io’. E disse a lui il beato Francesco: ‘Che hai, fratello? di che cosa muori?’. E lui: ‘Muoio di fame’. Il beato Francesco, da uomo pieno di carità e discrezione, affinché quel fratello non si vergognasse a mangiare da solo, fece subito preparare la mensa, e tutti si posero a mangiare insieme con lui … Dopo la refezione il beato Francesco disse a tutti gli altri frati: ‘Fratelli miei, io dico così a voi: che ognuno tenga conto della propria condizione fisica (…). E concluse: ‘Come ci dobbiamo trattenere dal soverchio mangiare, nocivo al corpo e all’anima, così, e anche di più, dall’eccessiva astinenza, poiché il Signore preferisce la misericordia al sacrificio’.
Amore filiale alla Madre della Misericordia
San Bonaventura così scrive, nella Leggenda Maggiore (FF 1165) riguardo all’amore di san Francesco verso la Madre di Dio:
Circondava di indicibile amore la Madre del Signore Gesù, per il fatto che ha reso nostro fratello il Signore della Maestà e ci ha ottenuto la misericordia. In lei principalmente, dopo che in Cristo, riponeva la sua fiducia, e perciò la costituì avvocata sua e dei suoi. In suo onore digiunava con grande devozione dalla festa degli apostoli Pietro e Paolo fino alla festa dell’Assunzione.
Un brano dall’ “Anonimo Perugino” (FF1508)
Santo Francesco, ormai pieno della grazia dello Spirito Santo, preannunciò quanto sarebbe avvenuto ai suoi amici. E chiamati a sé questi sei frati che aveva, nella selva che circondava la chiesa di S. Maria della Porziuncola, disse loro:’Carissimi fratelli, consideriamo la nostra vocazione. Dio misericordioso non ci ha chiamato solo per noi stessi, ma anche per l’utilità e la salvezza di molti. Andiamo dunque per il mondo, esortando e ammaestrando uomini e donne con la parola e con l’esempio, affinché facciano penitenza dei loro peccati e si ricordino dei comandamenti del Signore, che da lungo tempo hanno gettato in dimenticanza.
La misericordia di Dio fonte di gioia spirituale
La già citata Leggenda Perugina si conclude con questo brano delizioso (FF 1676):
Dal momento della conversione fino al giorno della morte il beato Francesco trattò molto duramente il suo corpo; eppure ebbe sempre questo sommo e precipuo impegno: la costante sollecitudine di possedere, interiormente ed esteriormente, e conservare in se stesso la letizia dello spirito (…). Una volta, infatti, egli rimproverò uno dei compagni che aveva un’aria triste e una faccia mesta e gli disse: ‘Perché mostri così la tristezza e il dolore dei tuoi peccati? Trattane tra te e Dio e pregalo che nella sua misericordia ti restituisca la gioia della salvezza. Ma alla presenza mia e degli altri procura di essere sempre lieto. Non conviene che il servo di Dio si mostri depresso e con la faccia dolente al suo fratello o ad altra persona. So che i demoni sono invidiosi di me per i benefici che il Signore mi ha elargito per la sua misericordia. E siccome non possono danneggiare me, si sforzano di insidiarmi e nuocermi attraverso i miei compagni. Se poi non riescono a colpire né me né i miei compagni, allora si ritirano scornati. Anzi, se talvolta mi sento tentato o accidioso, mi basta guardare la letizia di un mio compagno per riavermi dalla tentazione e dalla svogliatezza e riconquistare la letizia interiore.
Dalla parafrasi del ‘Padre nostro’ (FF 266 e 272)
San Francesco ci ha lasciato anche un bel commento al Padre nostro, che in realtà non è un vero e proprio commento, ma un Padre nostro ampliato, meditato, pregato punto per punto per fare memoria dei doni di Dio e per attendere operosamente le realtà future. Riporto solo l’inizio, collegandolo al punto relativo alla misericordia di Dio, definita da S. Francesco ‘ineffabile’:
O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro … rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l’intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
Lodi di Dio Altissimo, “onnipotente e misericordioso” (FF 261)
E’ senza dubbio una delle preghiere più belle di S. Francesco, ricca di contenuto teologico e afflato mistico:
Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie.
Tu sei forte, Tu sei grande, tu sei altissimo,
Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra,
Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza,
Tu sei giustizia e temperanza, Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei protettore,
Tu sei custode e difensore, Tu sei fortezza, Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità,
Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
La benedizione di S. Francesco a frate Leone e a tutti noi (FF 262)
Ecco la semplice e dolcissima benedizione a frate Leone:
Il Signore ti benedica e ti custodisca;
mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.
Rivolga il suo volto verso di te e ti dia pace.
Il Signore benedica te, frate Leone.
Altre tre belle preghiere di san Francesco:
Saluto alla Madonna, ‘vergine fatta Chiesa’ (FF 259-260)
Ave, Signora, santa regina, santa genitrice di Dio, Maria,
che sei vergine fatta Chiesa ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata insieme con il santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito:
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.
Ave, suo palazzo, ave, suo tabernacolo, ave, sua casa.
Ave, suo vestimento, ave, sua ancella, ave, sua Madre.
E saluto voi tutte, sante virtù, che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli, perché da infedeli fedeli a Dio li rendiate.
Davanti al Crocifisso di San Damiano (FF 276)
Altissimo, glorioso Dio, / illumina le tenebre de lo core mio.
E damme fede dritta, / speranza certa e caritade perfetta,
sènno e cognoscimento, Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen.
Preghiera “Absorbeat” (FF 277)
Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell’amor tuo,
come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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