PERSEVERARE PER ESSERE SALVI (Lc 25,1)

Domenica 13 novembre 2016

13 novembre 2016 – XXXIII Domenica del Tempo ordinario /C)

PERSEVERARE PER ESSERE SALVI (Lc 25,1)

A cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano  השרשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it/sayeretduvdevan@yahoo.it

  1. La domenica “della fede perseverante”. L’anno liturgico volge al termine. La fine del nostro tempo ci richiama la fine dei tempi. La fine del mondo è una realtà certa, ma la preoccupazione non deve riguardare il tempo (quando accadrà?) e le modalità (come sarà?). Cristo non ha indicato alcuna scadenza. Sono illusori e fuorvianti i tentativi di previsione della fine del mondo. Avere fiducia in Dio: è questa la chiave di lettura giusta della storia. Lo scenario che le letture di questa domenica presentano è suggestivo e misterioso: è lo scenario della fine, ma una fine che non è una distruzione, una catastrofe, come lo scenario desolato di Hiroshima, dopo l’esplosione atomica. E’ uno stupendo affresco di vita, è un cammino verso un avvento di luce.
  2. Occorre avere le idee chiare circa l’apocalisse, che, come dice la stessa parola, non è catastrofe ma “rivelazione”. Il tempo della mietitura o della vendemmia sembra una catastrofe, perché è falciare le spighe, è schiacciare i grappoli, ma è alla fine la festa del raccolto, il pane profumato, il vino saporito. Anche la nascita di un bambino, ricamato per nove mesi nel ventre della madre, è apocalisse: dopo i dolori del parto, è la festa della vita. La fine del mondo non è l’agonia che introduce nella morte, ma il parto che inaugura la nascita; è la rivelazione di quanto abbiamo amato, creato, chiesto nella preghiera, e che un giorno splenderà, malgrado l’apparente attuale trionfo del male. Dio non distruggerà questo mondo che ha tanto amato, e il nuovo mondo non scenderà dal cielo come un paradiso prefabbricato: Dio sta costruendo un mondo “diverso” in sinergia con l’uomo. Certo, vi saranno momenti di prova; il cammino verso cieli nuovi e nuove terre non è una comoda passeggiata. Per questo, occorre coraggio e pazienza. Quello che conta non è la rappresentazione della fine o di stabilire il tempo della fine, ma di prendere una decisione nei confronti del Vangelo.
  3. Questo Vangelo è un invito alla speranza, all’ottimismo. Si apre una finestra sul futuro: siamo invitati a guardare, in alto e in avanti, perché questa nostra esistenza si fa sempre più fragile: dominata dalla solitudine, sconvolta da vuoti familiari, ricca solo di povertà affettiva. L’uomo non sa cosa dovrebbe fare. In fondo non sa neppure cosa vuole. E allora desidera solo ciò che gli altri fanno (conformismo) o fa quello che altri vogliono (totalitarismo). Sballottato tra bisogno e noia (forse più noia che bisogno), l’uomo cerca una risposta, e le risposte sono tante. Noi dobbiamo riappropriarci di questo Vangelo, riflettere sulle certezze entusiasmanti e cosmiche del Vangelo di Cristo. Pacifici nelle nostre case, indifferenti davanti al televisore, vediamo scorrerci sotto gli occhi immagini di sangue e di morte, che si proiettano da ogni parte del nostro villaggio globale, divenuto sempre più stretto e più violento. Sentiamo le scottanti profezie di Cristo eppure nulla cambia nella nostra vita. Le immagini dell’apocalisse non ci scuotono, viviamo nell’illusione che terrore e violenza facciano parte di un brutto film, un film dell’horror, dal quale ci difendiamo grazie al nostro egoismo apatico. Dopo secoli di guerre e violenze, non crediamo più al ritorno di Cristo, ma neppure all’avvento di nuovi profeti. L’uomo si è stancato di attendere la salvezza dall’uomo, ma si è anche stancato di attendere la salvezza da Cristo. Non c’è sciagura che ci rattristi, né miracolo che ci convinca. Tutto ha fatto fallimento, ognuno per sé e neppure Dio è per tutti, ma ciascuno adora il suo dio, del quale non osa mai parlare. Noi cristiani abbiamo fatto della nostra fede un fatto privato; tolleranti, ridiamo di fronte a chi pubblicamente deride la nostra fede. La nostra vita si è fatta noiosa, soffriamo ma non sappiamo di che cosa. Non siamo più buoni né per il Cristo né per l’Anticristo. Dante ci metterebbe tutti nel girone degli ignavi, di quegli “sciagurati che mai fur vivi”.
  4. In questi anni sono molti i segni di apocalittica laica che stanno irrompendo nella coscienza collettiva; si diffonde lo scetticismo perché emerge chiara la fraudolenza delle promesse dei nostri padri. Le “magnifiche sorti e progressive” sono un’illusione, e sulla terra interamente illuminata dalla dea ragione incombe una trionfale sciagura. A questi smarriti sarebbe facile predicare: “Ve lo dicevamo noi! Non ci avete dato retta! Ben vi sta adesso!”. Non è onesto approfittare dello smarrimento per vendere la propria merce, fosse anche religiosa. Occorre invece fare fronte comune, lavorare insieme per restituire fiducia all’uomo deluso. Qual è la parola sapienziale che il credente può annunciare? Alla luce delle letture di questa domenica, essa diventa un invito alla operosità. L’apostolo Paolo scoraggia i cristiani dal trarre pretesto dalla fine del mondo per non partecipare alla costruzione del mondo. La fuga dal mondo è stato un tema ritornante e dominante, per giustificare una vita cristiana appartata nei conventi e in clausura. E’ una tentazione che serpeggia lungo tutta la storia della chiesa, e che oggi trova forme nuove, anche laiche, come certe forme di aggregazioni e di contestazioni giovanili. La fine dei tempi è nel segreto di Dio. Lavorare secondo giustizia è l’unico modo di collaborare con Dio. Il regno di Dio non è rimesso alle immaginazioni religiose della psicologia collettiva o individuale. Credere non vuol dire saltare il tempo, lanciandoci con la fantasia, ma inserirci con modestia e operosità nel progetto di Dio. La vera ascetica, che deve sostituire quella conventuale e solitaria, sarà quella di accettare la fatica comune di costruire insieme la civiltà dell’amore. A questa costruzione tutti, credenti e laici, possono partecipare, e voglia il cielo che i cattolici siano tra i più generosi e meno presuntuosi. BUONA VITA!

PUNTO  RIFLESSIVO:

 Oltre il problema che non comprendiamo, c’è il mistero che ci comprende. Il Problema è qualcosa che sbarra la strada; il Mistero è qualcosa in cui mi trovo impegnato

(G. Marcel)

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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