I primi effetti negativi
Gli esperti di medicina del sonno non hanno dubbi: “Studi sugli animali indicano che gli effetti di una totale deprivazione di sonno iniziano a farsi sentire già dopo 24-48 ore”, spiega Carolina Lombardi, responsabile del Centro sonno dell’Istituto auxologico italiano di Milano. E a pagare il conto più alto sono cuore e arterie, “le cui alterazioni hanno un ruolo chiave nella prognosi del paziente insonne”.

 

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Quali rischi per cuore e pressione
Conferma Liborio Parrino, presidente dell’Associazione italiana medicina del sonno (Aims): “Dormire a lungo per meno di 5 ore a notte comporta un alto rischio di ipertensione e malattie cardiovascolari”. “A tutti è capitato di sperimentare l’impatto dello stress, di una preoccupazione o di un pensiero negativo sulla qualità del sonno”, osserva Lombardi. Pur puntualizzando che “non esiste forma di stress in grado di togliere completamente il sonno per un periodo di quasi 2 mesi”, la specialista sottolinea come lo stress possa “interferire anche con la percezione che abbiamo del nostro sonno. Se siamo sotto pressione, sicuramente sentiamo che è meno profondo, poco rilassante, per nulla ristoratore”.

Problemi che, fa notare Parrino, “in questi giorni credo stiano vivendo anche tanti lavoratori spaventati dalla possibilità di ritrovarsi senza un impiego: alterazioni al sistema cardiovascolare e ai meccanismi della termoregolazione, con aumento della frequenza cardiaca; scompenso della secrezione di ormoni che seguono il ritmo circadiano (dal cortisolo alla prolattina); ipereccitabilità di tutti gli apparati. L’organismo privato del sonno – esemplifica Lombardi – è un po’ come un’automobile lanciata a 180 all’ora per 10 anni”.

 

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Le conseguenze quando siamo svegli
Il primo impatto di una notte difficile riguarda “le performance durante la veglia, naturalmente compromesse. Il sonno – ricorda infatti l’esperta – ha una funzione ristoratrice su diversi apparati, e in particolare sul sistema nervoso centrale. Quindi, se il riposo viene meno, ci si sente meno lucidi durante il giorno, con la possibilità di problemi di memoria o di disturbi dell’umore”.
Se è vero infatti che la depressione è nella lista delle cause di insonnia, può anche essere una sua conseguenza: “Studi sui turnisti di notte – evidenzia inoltre la specialista dell’Auxologico – hanno dimostrato possibili effetti del sonno insufficiente sul sistema gastrointestinale, con ulcere e transito irregolare”. “Così come il bisogno di sonno è individuale, anche la risposta a una sua deprivazione è variabile da persona a persona”, precisa Lombardi.

“Anche chi per natura tende a dormire poche ore, rischia danni seri”, avverte il presidente Aims, a capo del Centro di medicina del sonno dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma, “se va al di sotto di un numero di ore di sonno sufficienti per garantire un recupero”.

 

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Quale terapia
“Nella terapia – suggerisce Parrino – è molto importante ascoltare il paziente per capire di che tipo di insonnia soffre: la forma in cui ci si sveglia prestissimo senza potersi riaddormentare è diversa, infatti, da quella in cui non ci si addormenta fino al mattino”. E la più insidiosa è proprio quest’ultima: “E’ importante soprattutto dormire bene la prima parte della notte. Sono le prime 4 ore e mezza di sonno le più preziose”, insegna l’esperto.
Ma dormire bene dipende anche da noi: il modo migliore per contrastare i fattori di stress nemici di Morfeo è “imparare a spegnere l’interruttore che ci collega al mondo esterno per dedicarci a noi stessi”, conclude Lombardi. “Certo non possiamo decidere quando dormire, però possiamo decidere di staccare la spina e di curarci della nostra salute, perché il sonno è un bisogno primario. Bisogna imparare a lasciarsi andare, ad affidarsi. Senza pretendere di avere tutto, sempre sotto controllo”.

 

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