QUESTI È IL FIGLIO MIO: ASCOLTATELOI! (Mc 9,2)

25 febbraio  2018  *  II Domenica QUARESIMA (B)

QUESTI È IL FIGLIO MIO: ASCOLTATELOI!  (Mc 9,2)

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo biblico ebraico-cristiano)

השורשים  הקדושים

La trasfigurazione: un anticipo della Pasqua!
  1. Nella Bibbia, ma anche nella letteratura di tutti i Paesi, l’itinerario di purificazione dell’uomo viene spesso rappresentato attraverso l’impegno (reale o simbolico) di affrontare una scalata, una salita: il Purgatorio di Dante è una difficile montagna. Petrarca descrive il suo passaggio dalla prigionia delle passioni alla libertà dello spirito nella lettera al fratello Gherardo, come una scalata al Mont Ventoux. Morte e vita, penitenza e rigenerazione, quaresima e pasqua, purgatorio e paradiso, luce e tenebra, peccato e grazia … sono gli speculari binomi su cui si fonda la vita cristiana. Quando si intraprende un cammino, occorre sapere bene dove si vuole arrivare e cosa ci aspetta. Ecco la pedagogia della chiesa: dopo averci invitati e entrare nel deserto, a seguire Cristo in una sequela non facile anche se felice, ci propone la risurrezione, e un suo anticipo nella trasfigurazione. Ma attenzione a decifrare bene questo episodio in codice! Occorre diventare adulti nella fede. Non dobbiamo insegnare una religione che seduce a 10 anni e rende atei a 16. Per esprimere l’intensità di un episodio, gli antichi ricorrevano al “meraviglioso”. In una lettura infantile, è Cristo a cambiare; ma la trasfigurazione non è uno spettacolo di sacra magia, è una esigenza per ogni cristiano. Anche noi forse abbiamo incontrato persone che emanavano bontà, cultura, pace … e ce ne siamo difesi accusando e criticando. Ricordate il curato di campagna, di Bernanos: il curato è innocente, ma i suoi parrocchiani inventano che è ubriaco, che corre dietro alle ragazzine, che è pazzo … perché se avessero accettato quel parroco santo, avrebbero dovuto cambiare vita!
Attualizzare e interiorizzare
  1. E’ importante attualizzare e interiorizzare: quello che leggiamo nel vangelo si ripete qui oggi e interpella la mia coscienza. Come? Ecco una spiegazione! Cristo dialogava con le Scritture, pregava sempre il Padre. Gli apostoli, durante un ritiro, si sono uniti a Lui, ne sono rimasti felicemente contagiati. Gli apostoli, come noi, conoscevano tutto di Cristo ma non lo riconoscevano come Dio. Da tre anni ascoltavano prediche ma senza nessuna trasformazione. E’ il rischio di tutte le religioni e di tutti i credenti! Tutti possiamo avere le nostre rinascite, le nostre annunciazioni, le nostre visitazioni, le nostre trasfigurazioni. Ma occorre avere una fede adulta! Quella di Cristo è anticipazione, primizia, profezia. Il nostro corpo è simile all’erba che germoglia; ma le fragilità sono destinate ad essere trasfigurate. Lo ha intuito anche Tagore, il poeta dell’India: “Possano i legami sciogliersi, venire a Te, senza paura, e conoscere il Grande Ignoto finalmente svelato”. Nell’attesa, dobbiamo continuare a resistere. Proprio come ci suggerisce D. Bonhoeffer, il pastore evangelico e teologo morto impiccato nel lager di Flossenbürg, nella sua preghiera-poesia: “Fratelli, finché non giunge, dopo la lunga notte, il nostro giorno, resistiamo!”.
Alla fine, sarà luce trasfigurante
  1. Trasfigurazione, in greco si dice “metamorfosi”. E’ facile la tentazione di paragonare il racconto evangelico ai miti della Grecia. Pensiamo, per esempio, alle Metamorfosi del poeta latino Ovidio. In realtà, la trasfigurazione di Cristo è molto più vicina alle teofanie dell’Antico Testamento. Se nelle metamorfosi greco-romane gli dèi si trasformano in uomini per avventure più o meno galanti, nel vangelo invece è un uomo che si trasforma in Dio. Si tratta di pochi secondi, come un lampo, una rasoiata di luce, e poi la notte, la lunga notte della vita. Ritorna subito il rischio della fede, la lunga quaresima della ricerca. “Guardandosi attorno, non videro nessuno”. Gesù torna ad essere un uomo come tutti gli altri, peggio, un incamminato verso il calvario. Ma una piccola luce si è accesa nel cuore dell’uomo, che non elimina la notte, ma consente di credere all’esistenza della luce, di continuare a cercare fino all’esplosione della luce pasquale. E sarà luce! “Ora conosciamo in modo imperfetto, ma allora conosceremo perfettamente”. Poco o nulla sappiamo dell’aldilà, della vita che ci attende dopo morte. Quanti si sono sforzati di descriverla, l’hanno immaginata nelle forme più o meno originali, ma sempre fantasiose.
  2. In questa scena, quello che subito colpisce è la luce: ecco, l’aldilà sarà luce. Il mondo di oggi è diviso tra luci e tenebre. Dio sa che noi non possiamo vivere sempre nelle luci né nelle tenebre: abbiamo bisogno della notte per abbandonarci al sonno, e abbiamo bisogno di luce per lavorare e sperare. Luci e tenebre si alternano, nel tempo e nella vita, in noi e nei santi. Cosa ci attende alla fine? Un mondo nuovo tutto di luce. Lo hanno intuito i mistici e i poeti, tutti i grandi pensatori: da Goethe, che sul letto di morte invocava più luce, ad Aldo Moro che, prima di essere ucciso, emetteva un grande atto di fede, pur nelle tenebre della prigionia.
L’oscurità luminosa della Trasfigurazione
  1. Questo episodio imbarazza gli studiosi, che discutono sulla vera natura del racconto dell’evangelista Marco: allucinazione, suggestione, leggenda, racconto mitico? Non è questa la sede per approfondire le varie ipotesi. Accettiamo, quindi, senza troppi sofismi e con atteggiamento di fede il fatto della Trasfigurazione. Più che gli studiosi, qui dobbiamo ascoltare i mistici: sul Tabor (ammesso che sia davvero il Tabor) i mistici si muovono come nel loro ambiente, mentre gli studiosi si sentono impacciati tra quelle vesti bianche, morti risorti, nuvole ed ombre … I motivi sono chiari: il mistico parte dal mistero (credo ut intelligam); invece lo studioso parte dalla ragione (intelligo ut credam); la conclusione è che il mistico si trova stordito ma per eccesso di luce, mentre lo studioso si trova bloccato davanti alle tenebre del mistero.
Ascoltatelo!
  1. 6. E’ utile sapere anche dove Gesù non parla. Egli non parla nei maghi, indovini, spiritisti, occultisti, cartomanti, fattucchieri, lestofanti … E’ molto precisa la parola di Dio a riguardo: “Non si trovi in mezzo a te chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore” (Dt 18,10). I pagani, per capire la volontà degli dei, consultavano gli astri, le viscere di animali, il volo degli uccelli… Quando si addormenta la ragione, la vita si popola di fantasmi, e ci comportiamo come Don Ferrante, di manzoniana memoria. Ma Gesù non parla neppure in tutte quelle rivelazioni private, apparizioni miracolose, messaggi apocalittici, madonne che piangono… Non che Gesù o la Madonna non possano parlare: è avvenuto in passato e avverrà in futuro. Ma occorre essere prudenti, perché tante volte non si tratta di Gesù ma di qualche psicopatico, peggio, di qualche furbastro, che specula sulla buona fede dei semplici. Con quell’imperativo di Dio: “Ascoltatelo!”, tutto questo è finito. In Cristo abbiamo la risposta. Buona vita!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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