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ROMA – Al momento è nascosto, ma c’è. Il modulo di domanda per richiedere il reddito o la pensione di cittadinanza è stato pubblicato sul sito dell’Inps nell’ultimo giorno utile: il 27 febbraio, il trentesimo dall’entrata in vigore del decretoche istituisce il sussidio. In homepage non è richiamato. Ci si arriva cercando la sezione “Tutti i moduli“. Mentre il sito del governo dedicato al reddito di cittadinanza ancora non lo richiama. Lo dovrà fare presto perché dal 6 marzo si parte. Le domande possono essere inoltrate online, presentate alle Poste o compilate con l’ausilio dei Caf.

In realtà si tratta di tre moduli, identificati con la sigla SR180, SR181 e SR182, la cui lettura è tutt’altro che agevole. Ciascun modulo – che si può scaricare e stampare oppure compilare via computer cliccando sulle singole caselle attivabili – è preceduta da una introduzione. Si tratta in realtà di un semplice richiamo delle norme del decretone. Questo però fa suppore che i moduli dovranno essere riscritti a breve, perché molte di quelle norme sono in via di modifica parlamentare. Il decreto scade il 28 marzo. Approvato dal Senato, ora è atteso alla Camera dove cambierà ancora. Per poi tornare a Palazzo Madama per il via libera definitivo.

Il modulo ad esempio non recepisce l’ulteriore stretta sui migranti votata dal Senato: l’obbligo per gli extracomunitari di presentare documentazione patrimoniale aggiuntiva recuperata nei paesi di origine. Come pure la norma anti-furbetti del divorzio, obbligati a certificare il cambio di residenza con il ricorso alla polizia municipale.

La domanda vera e propria è contenuta del modulo SR180. Sono 9 pagine, la compilazione inizia a pagina 5. Ma il riquadro è riservato solo ai rappresentanti legali di soggetti impediti o incapaci. Tutti gli altri vanno diritti a pagina 6 e cominciano a riempire 7 riquadri: dai dati anagrafici alla residenza e cittadinanza, dai requisiti familiari a quelli economici. Per lo più si tratta di barrare crocette.

Ma ci sono spazi da compilare più estesi. E numeri da inserire. Ad esempio, la rata mensile dell’eventuale mutuo e le rate residue da pagare. Curiosamente sembra mancare il riquadro sull’affitto, necessario però a stabilire l’entità del sussidio (il contributo all’abitazione può al massimo essere di 280 euro al mese).

Nella pagina 9 del modulo SR180 il beneficiario prende atto (con una firma finale) che vi possono essere controlli sui dati dichiarati. Che il beneficio tiene conto dei redditi percepiti e quindi può cambiare se il richiedente trova un’occupazione. Che i soldi messi sulla card devono essere spesi tutti, pena un taglio del 20% nel mese successivo. Che la non veridicità di quanto dichiarato comporta la revoca o decadenza dal reddito e anche il carcere.

Ma soprattutto che, qualora i 6 miliardi stanziati per quest’anno dovessero non bastare, il sussidio sarà ridotto. E’ la clausola di salvaguardia prevista dal decreto (e dalla legge di bilancio). Chi richiede il reddito accetta quindi possibili tagli all’assegno.

Gli altri due moduli devono essere compilati solo a integrazione o correzione della domanda principale. E solo se il richiedente ha iniziato a lavorare in un periodo successivo a quello fotografato dall’Isee (modulo SR182). Oppure se, una volta incassato il reddito o la pensione di cittadinanza, sono intervenute variazioni non solo lavorative, ma anche relative alla famiglia (modulo SR181, componenti ricoverati o usciti in/da istituti di cura o di detenzione, dimissioni volontarie, mutamenti nel patrimonio finanziario o immobiliare).