RICORDANDO ALDO MASULLO

ALDO MASULLO

di Vittorio Russo

 

Due giorni fa se n’è andato Aldo Masullo, il filosofo gentile.
Ho conosciuto due persone che del loro sapere hanno lasciato solchi profondi nella crosta delle mie conoscenze: Marcello Craveri e Aldo Masullo.

Craveri, è il maestro ammirato della mia teologia atea e fraterno amico per decenni. È stato l’ispiratore e l’organizzatore dottissimo di alcuni miei lavori di cristologia della fine degli anni Settanta.
Masullo, invece, l’ho visto una sola volta, nel 2012, alla presentazione del mio libro “L’India nel cuore”, alla Fondazione Giambattista Vico a Napoli, cento metri dalla casa natale del filosofo.

Orgoglioso della presentazione di quel mio testo in un luogo così prestigioso, saltellavo come una cutrettola tra un ospite e l’altro per scambiare saluti e dare il mio benvenuto.
Mi si avvicinò solenne il professor Masullo invitato dal presidente della Fondazione, Vincenzo Pepe. Di lui conoscevo vagamente il nome. Peggio, ignoravo colpevolmente la vastità del pensiero e la sconfinata cultura. Ci sedemmo l’uno accanto all’altro nelle scomode seggiole di paglia della Chiesa di San Biagio Maggiore, sede della Fondazione, a via San Biagio dei Librai.

Aldo Masullo aveva allora già quasi novant’anni ma quel suo volto scolpito da linee garbate e quegli occhi trasparenti di vividezza dovettero evidentemente fulminarmi. I suoi novant’anni non appartenevano a nessun tempo perché il tempo dei grandi non si misura con gli strumenti dell’anagrafe. Lui era splendente dell’umiltà di chi sa senza doverlo dimostrare. Mi ritrovai, perciò, smarrito d’istinto nel deserto immenso della mia ignoranza, subissato dalla personalità del mio interlocutore. Senza che avesse profferito una sola parola. Poi, con quel sorriso che era la carta d’identità del suo candore senile, appoggiando una mano di una trasparenza quasi alabastrina sul mio braccio, prese a domandarmi dell’India, dove egli non era mai stato.

Si sciolsero di colpo le redini della mia irruenza. Stimolato dalla sua curiosità, cominciai a raccontare con la saccenteria propria di chi crede di vedere dall’alto, senza sapere che ero in alto, sì, ma come una mosca sulla fronte di una giraffa. Eppure lui ascoltava con autentico interesse, forse coinvolto dall’onda invasiva della mia esuberanza di sapere libresco. Upanishad, Vedanta, Purana, Brahmanesimo, Mahabaratha e Ramayana, Harappa e Mohenjo-Daro, invasione ariana ecc. ecc. Lui lì, ascoltava con occhi grandi. Li sgranava con una partecipazione quasi puerile a un gioco di labirintici intrecci. Meandri di storia, tradizioni, esoterismo, misteri, arte antica, punteggiava tutto con un cenno della testa glabra.

Proprio quella partecipazione, non fatta di parole ma solo di alterazioni gratificanti dei 57 muscoli del suo volto, ancor più stimolava il mio IO a impennarsi, a strafare, a dire, a divagare, a spaziare. Annuiva lui, insellava le labbra sottili, assecondava le mia affermazioni. E quando l’uragano della mia saccenteria si placò lui restò come sospeso. Era come se si fosse impigliato nel filo della mia ragnatela narrativa.
Poi prese a parlare lui, piano, avvolgente, coinvolgente. Omero avrebbe detto, come Nestore dalle labbra di miele. Piallò ogni mio sapere scorrendo con frasi fluide come una carezza di farfalla. Costruì in pochi minuti cattedrali di pensiero che non ho smesso di approfondire poi su Upanishad, Vedanta, Purana, Brahmanesimo, Mahabaratha, Ramayana, Harappa, Mohenjo-Daro, invasione ariana e tutto il resto che non finiva mai. Continuo senza mai tracimare. Continuò sedendo subito dopo, al centro, io accanto a lui e al prof. Pepe, sull’altare che in quella chiesa fa da cattedra ai relatori. Parlò dell’India, serrato, convincente, definitivo. Della stessa India di cui ho parlato io senza saper scrivere in 400 pagine quello che lui raccontò in mezz’ora. Parlò del mio libro, che non aveva letto, ma era come se lo avesse ripetutamente fatto. Mi lasciò senza fiato. Lasciò tutti senza fiato.
Aldo Masullo, costruttore incancellabile di conoscenze che in un’ora già lontana della mia vita fissò uno spartiacque nei mie curiosità e nei miei orientamenti culturali.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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