RIVIVE IL TRAPPETO/MONTANO NEL DVD PRODOTTO DA ENZA IADEVAIA
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RIVIVE IL TRAPPETO/MONTANO NEL DVD PRODOTTO DA ENZA IADEVAIA CON L’APPROCCIO DELLA “BOTTEGA DELLE MANIâ€, L’AUSILIO DELLA “FILO VERDE SCARLâ€, PROFONDA CONOSCITRICE DEL TERRITORIO, E LA PREZIOSA OPERA DELL’ASSOCIAZIONE “MOVIELABâ€. di Paolo Pozzuoli
Immensa Enza (Iadevaia): c’eravamo appena conosciuti e lasciati subito dopo la presentazione dello speciale testo “Campanì e campanòâ€, sottotitolo “piccole storie grandi a Durazzanoâ€, edito da “Lulu comâ€, per poi ritrovarci nell’immediatezza della realizzazione del documentario ravej nei colli della ravece, un ‘corto’, che rievoca un ambiente antico, ricco di storia, riti, tradizioni, credenze, curiosità , per certi versi impensabile e misterioso, scomparso ovvero trasformato nel corso degli anni per fare spazio alla modernità . Una veste insolita, un ruolo decisamente fuori dell’ordinario, direbbe quel tapino che poco o nulla sa della vena artistico-letteraria di Enza, creatura poliedrica e versatile, cresciuta a pane e cultura. Inutile dire che non siamo d’accordo. Per tutta una serie di motivi che non stiamo qui ad elencare. Preferiamo dunque soffermarci su questo ultimo lavoro, in ordine di tempo, di Enza – inguaribile sognatrice che ama le storie e ci si tuffa con tutta la passione e l’ardore di cui è capace ma anche razionale e realista che per acquisire nuova linfa vitale si isola nella sua stupenda oasi bucolica, ambiente di riposo e di riflessione, lontano dalla contaminata civiltà , dov’è circondata dallo smisurato calore delle persone care – frutto di una ricerca certosina, di un impegno profondo, di una applicazione straordinaria. Un lavoro mostruoso concretizzato in un DVD di inestimabile valore, di ottima fattura, di un alto tasso di interesse, attraente come un mondo incantato che seduce e, suscitando curiosità ed emozioni, coinvolge così forte da non spezzarne la visione. È la rappresentazione della nuova sensazionale scoperta della coraggiosa Enza che, con la cinepresa quale inseparabile compagna di viaggio in un affascinante percorso, ha avuto l’ardire di proiettarsi dentro una nuova seducente storia restituendoci uno spaccato di vita vissuta noto fino a poco meno di 60 anni fa. Enza, insomma, ha portato alla luce l’entità di un popolo nella originaria civitas di appartenenza dalla quale si era allontanato lasciando per strada tracce significative: il trappeto/montano, nome antico del moderno frantoio. Dai quali si estraeva e si estrae un oro verde, il sublime olio ravej ottenuto da una qualità tipica di olive, nota come Ravece; un olio prezioso per qualità e tipicità che si pone quale inscindibile trait d’union fra le generazioni che rappresentavano l’antica civiltà contadina e quelle che si sono succedute fino ai nostri giorni; ‘il filo d’olio di ravece’ è, come dire, la continuità fra passato e presente con un occhio rivolto al futuro; e, in quanto tale, porta con sé la storia e le storie di tanta gente, di tante persone rotte a mille sacrifici che mostravano con orgoglio quei volti scavati da rughe profonde che palesavano età e fatiche, dei territori, dei campi duri da arare, delle zolle ribelli ad essere rivoltate, delle indescrivibili difficoltà nel procedere alla cura degli alberi ed alla raccolta delle olive che subivano un particolare processo di trasformazione al fine di ricavarne il limpido ravej, l’olio per eccellenza buono per tutti gli usi. Ricordiamo, in proposito, che c’è ancora chi, attraverso un rito che è tutto un programma, l’utilizza per ‘scoprire’ e quindi allontanare i cosiddetti ‘mmaluocchie’ ed ancora chi, legato ad un’antica credenza popolare, ritiene che sia sinonimo di sfortuna, che porti, insomma, iella quando si rompe una bottiglia d’olio. Man mano che scorrono le immagini, affiorano alla mente il procedimento articolato e le operazioni farraginose e complesse che precedevano la raccolta dell’olio, con un recipiente metallico conico, da una botte interrata nella quale scivolava dalla pressa; poi gli occhi passano dal video alla grande ruota che, movimentata da incredibili, incalcolabili giri circolari di un quadrupede, generalmente un mulo oppure un asino che si legava ad una ‘stanga’, porta dentro di sé segni visibili, frammenti residuali, di ossicini di olive macinate nella vasca in muratura: quella ruota, recuperata a fatica, ora riposa e, come un oggetto prezioso, adorna un focolare realizzato con tanto amore. “La ricerca furiosa e preziosa del passato perduto prevale sulla celebrazione del presente e non è altro che il fascino†–ha affermato la giovane scrittrice bulgara Téa Obreht – “della generazione dei nonni; un fascino universale e ben più forte dell’attrazione che sentiamo per la generazione dei nostri genitori; volevo esplorare quel passato romantico e misterioso, quel mondo e quella vita completamente imperscrutabili che esistevano quando io non ero neppure un pensieroâ€.
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