SUI LUOGHI DI LAVORO SI CONTINUA A MORIRE

di Paolo POZZUOLI

(è, purtroppo, attuale quanto richiestomi dall’avv. Alfonso Cangiano, Notaio della Repubblica, all’epoca Direttore della

Sede provinciale dell’INAIL di Caserta)

Tante grazie, Alfonso carissimo, per il privilegio concessomi. Tuttavia, prima di accingermi a dare una risposta concreta ai quesiti da te posti, consentimi una premessa che ritengo doverosa e necessaria: non sono mai stato d’accordo, più precisamente ho sempre aborrito – sia per un fatto costituzionale che professionale derivante da un’esperienza lavorativa di oltre 36 anni su un totale di quasi 46 trascorsa a svolgere l’attività di vigilanza ispettiva alle dipendenze dell’INAIL – gli interventi estemporanei, gratuiti e diretti alla gente semplice, buona, comune da parte di politologi, sindacalisti, esperti vari, tuttologi, ecc., nell’immediatezza di un infortunio mortale su di un qualsiasi luogo di lavoro. Bisognerebbe avere un minimo di buon senso, un poco di umiltà ascoltare gli addetti ai lavori, interpellare chi, giorno per giorno, nella quotidianità lavorativa si trova di fronte a tante gatte da pelare. Sono gli ispettori ad andare sui luoghi di lavoro, a confrontarsi con datori di lavoro, tecnici, lavoratori, consulenti, ecc. e non certamente persone che non hanno mai messo piede in un cantiere. La tempestività con la quale vengono invitati e prendono parte alle svariate tavole rotonde per ‘discutere’ sul tragico evento mi porta indietro nel tempo, alla fine degli anni sessanta, quando, alla notizia di un omicidio eccellente per mano delle brigate rosse e/o di appartenenti alla sinistra extraparlamentare, un gruppo di magistrati era ‘solito gareggiare’ per battere gli altri sul tempo e giungere prima degli altri sul luogo del delitto. Ecco, sono sempre pronti e partecipano con una tempestività disarmante. Ma poi, cosa dicono? Frasi di circostanza, tante belle parole, a volte scontate, altre banali, prive di concretezza, senza un fine. La conclusione è sempre la stessa: si deve fare di più! Ma cosa, come e in che modo nessuno lo dice. Sembrano tanti incantatori di serpenti! Ricordo – e intendo qui sottolinearle – le parole pronunciate “non vedo l’ora di mandare in pensione l’INAIL ed i magistrati del lavoro; la possibilità teorica è quella di abbattere tutti i rischi per debellare gli infortuni sul lavoro riducendoli a zero” in un convegno dall’illustre prof. Giovanni Grieco. Rispetto all’illustre docente, gli altri fanno soltanto rabbia! Sì perché sono quegli stessi signori che negli anni passati hanno fatto il diavolo a quattro per l’occupazione ‘a prescindere’ e si sono battuti a più non posso per annullare e bandire la meritocrazia e perseguire l’appiattimento delle retribuzioni e dei salari.

Sono in effetti gli stessi personaggi che oggi, in piena crisi economica ed occupazionale, avendo finalmente recuperato il termine ‘prevenzione’ per lungo tempo bandito dai loro vocabolari e riflettuto sulle ripercussioni, sulle incidenze, prettamente negative sia in riferimento alle prestazioni economiche che assistenziali che ogni infortunio sul lavoro mortale e/o grave riversa sullo Stato, sulla società, sulla comunità, sulle famiglie, si autoproclamano paladini della prevenzione, della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.

Ancora, gli infortuni sul lavoro, mortali e gravi, sono stati oggetto di un mio articolo, scritto nel corso del mese di aprile 2008, dal titolo “MORTI BIANCHE. ANALISI E RIMEDI”, inviato ai quotidiani “NUOVA GAZZETTA DI CASERTA” E “IL TEMPO”, pubblicato sul primo, ripreso sul secondo nella parte riservata “Lettere alla cronaca” dal Ch.mo Sig. Presidente Giulio Andreotti.

Parimenti pubblicati gli altri tre titolati “La sicurezza e il sistema sanitario nazionale”, “IL COSTO UMANO DEL LAVORO – MORTI BIANCHE – SPERANZA TECNOLOGICA” e “UN EVENTO LA ‘PRIMA CONFERENZA PROVINCIALE SICUREZZA SUL LAVORO’ AL GRAND HOTEL VANVITELLI                                                   

Paolo Pozzuoli

Di seguito li riporto:

“MORTI BIANCHE. ANALISI E RIMEDI”

Di lavoro si continua a morire. Ad ogni latitudine e nelle più svariate e singolari cause e circostanze. Quasi una sorta di maledizione e/o un perfido, malvagio sortilegio dovuti a qualche spirito maligno riversati sulla nostra penisola recidendo i fili della vita di chi esce la mattina di casa per portare a sera, con un onesto lavoro, il frutto di una intensa e stressante giornata lavorativa. 

È il quotidiano tributo di vite umane sacrificate sull’altare del progresso, della tecnologia, dell’economia, della politica, del sociale: i veri mandanti e carnefici.

Nel corso degli anni, al lavoro è stato sottratto un aggettivo, subito sostituito con un termine ad effetto, esterofilo, acquisito di prepotenza, entrato a far parte, come tanti altri, nel gergo comune.

Il lavoro, dai quarti di nobiltà, dalle particolari stimmate, che un tempo elevava l’uomo, contribuendone all’accrescimento della dignità e del decoro, a prescindere dal ceto – ‘il lavoro nobilita l’uomo’ è stato il refrain che, a lungo, ci ha perseguitato – è scaduto al rango di assassino, anzi, di killer.

Senza mezze misure, si è passati, tout-court, da un eccesso all’altro, una costanza della nostra quotidianità. Così, siamo costretti ad assistere, impotenti, al blaterare spocchioso e supponente degli esperti di turno, sempre pronti a somministrare la ricetta miracolosa, salvavita ad ogni notizia di un consumato tragico evento.

Con la richiesta di passare ad un  inasprimento delle sanzioni e delle pene per i trasgressori (servono se costoro sono prestanomi e/o nullatenenti?), si invocano corsi di formazione e informazione (da tenere però sui vari posti di lavoro), si spara addosso ai controllori, accusati di essere latitanti (i primi controlli tangibili sui vari luoghi di lavoro che si propongono sui vari territori vanno eseguiti da coloro i quali conoscono e vivono su quel territorio, ovvero i responsabili degli uffici tecnici comunali, gli appartenenti alla polizia municipale, i Carabinieri; ma il top per un efficace controllo: satellitare, ad ampio raggio, per l’intera provincia e una  videosorveglianza per ogni singolo cantiere edile, spesso nefasto palcoscenico di un lavoro crudele).

Sembra un paradosso, eppure, quando le misure di prevenzione e sicurezza erano rudimentali, quando i mezzi di protezione un optional, quando le leggi erano tutte contemplate in quel testo ‘rosso’, unico vademecum degli addetti ai lavori, si verificavano molto meno infortuni sul lavoro – sia di una certa rilevanza che mortali – rispetto a quanti ne stiamo contando in questi tempi.

La chiave di lettura delle morti sui luoghi di lavoro sta anche nel progresso, nell’evoluzione tecnologica, nell’economia, nella politica e nello stato sociale.                                                                                                                     

Se poi a questi fattori aggiungiamo la mancanza di serenità, di tranquillità, ecc., in uno a terminali di spicco, a specchiati punti di riferimento, a personaggi esemplari che continuano a scarseggiare, per non dire non esistono più, il quadro è completo.

Una carenza endemica che si avverte e si coglie dappertutto: in ogni classe sociale, nelle famiglie, nella scuola, sui posti di lavoro.

In breve, non c’è più traccia dei valori di un a volta, superati dal facile arricchimento. Stiamo peggiorando, andando indietro, verso uno stato di povertà che pochi ricordano mentre i più, non essendo abituati, non intendono intraprendere e percorrere la strada dei sacrifici.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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2 risposte

  1. Francesco Rocca ha detto:

    Mi fa piacere che finalmente un esperto del settore, quale il dott. Paolo Pozzuoli, affronti e apporta il suo contributo alla reale risoluzione del problema delle morti sul lavoro. Condivido completamente quanto riportato.

  2. Rosa Anna ha detto:

    Chi oggi assorbe oggi quel servizio di prevenzione che faceva l’ex Enpi? Era utilissimo e prima, di sanzionare le aziende, controllava se venivano rispettati gli standard lavorativi di sicurezza.Era un servizio utile ad aziende e lavoratori. Ottimo l’articolo!

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