VANGELO (Mt 16,24-28)

Venerdì 7 agosto 2015
XVIII settimana del Tempo Ordinario

+ VANGELO (Mt 16,24-28)
Che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’Uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi Angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità Io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’Uomo con il suo Regno». Parola del Signore

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Non è mai piacevole portare una croce anche di piccole dimensioni, e per croce si intende qualsiasi forma di sofferenza, quindi, la sua dimensione è data dalla gravità o meno della prova a cui si è sottoposti. Si parla di croce quando si soffre e, spesso è una sofferenza mal sopportata.
Vediamo se è possibile portare la croce con serenità e con una grande gioia interiore. Sembrano contraddirsi ma verifichiamo.
Tutti, chi più chi meno, portiamo poche o molte croci, il più delle volte vengono confezionate da quelle persone che non ci amano e non gioiscono mai se ci vedono felici anche nella sofferenza.
Perché è possibile rimanere felici anche quando si soffre, non è una felicità umana come viene intesa dai mondani, sono la pace e la gioia interiori che dominano nella persona che prega bene e rimane unita a Gesù.
Il dolore, sofferto con amore e per amore, riserva molti altri frutti:
è espiazione per i peccati,
purifica l’anima,
approfondisce e rinforza il nostro carattere
e la nostra personalità.
Ci dà intuito e capacità di simpatia per il nostro prossimo,
ci apre la vita interiore di Cristo stesso,
e ci unisce ancora più intimamente a Lui.
La vita interiore ha troppo bisogno della mortificazione perché non la cerchiamo attivamente.
La mortificazione passiva ci arriva sempre dall’esterno, è importante ed efficace, non deve però rappresentare una scusa per ridurre una generosa espiazione volontaria, segno di un vero spirito di penitenza.
Possiamo essere generosi anche in cose piccole, la mortificazione volontaria ci fa superare costantemente l’egoismo, la pigrizia, il desiderio di far bella figura in ogni situazione, di essere sempre al centro dell’interesse altrui.
Sono molte le piccole mortificazioni per rendere più amabile la vita agli altri: essere cordiali nei rapporti con gli altri, sforzarsi di superare quegli stati d’animo che ci porterebbero forse ad avere un atteggiamento troppo rigido, sorridere anche quando tenderemmo a mostrarci seri, curare la puntualità nel lavoro o nello studio, mantenere ordinato il tavolo da lavoro, l’armadio, la casa.
Le piccole e le grandi mortificazioni volontarie irrobustiscono fortemente la vita spirituale e ci si avvicina a Gesù e a Maria.
Spesso una sofferenza anche aspra, segna un cambiamento nelle nostre vite, e ci porta a cominciare di nuovo con fervore e speranza, con un modo nuovo, più profondo e completo, di concepire la propria esistenza.
Il dolore e la sofferenza, però, non sono tristezza.
La croce, portata in unione con Gesù, riempie l’anima di pace e di intima gioia in mezzo alle avversità.
La vita dei Santi è piena di gioia, un gaudio che il mondo non conosce perché ha le sue radici in Dio.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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