XIII Domenica tempo ordinario (C)

 

Maestro, ti seguirò dovunque tu vada!

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

*  L’evangelista Luca presenta due scene, con due lezioni. La prima è ambientata tra i samaritani, una comunità ostile agli ebrei, discendenti dai coloni qui deportati dall’Assiria al momento  del crollo di Samaria nel 721 avanti Cristo, e miscelati razzialmente con gli ultimi ebrei là sopravvissuti; ancora oggi essi vivono nella città di Nablus, formando una specie di enclave razziale e culturale autonoma. Un gruppo di samaritani, ostili agli ebrei, chiude la porta a Cristo; da qui l’ira degli apostoli: “Signore, vuoi  che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. E’ il metodo della violenza che avrà tanti seguaci, anche in casa cristiana. A Giovanni e Giacomo che vogliono la vendetta, così risponde Gesù: “Si voltò e li rimproverò”. E’ la prima lezione: la pazienza, il rispetto, la misericordia.

La seconda scena comprende tre quadretti, tutti legati dal verbo “seguire”. E’ il tema tanto caro a Luca, quello della sequela di Cristo, che comporta due note irrinunciabili: 1) nessun compromesso o nostalgia ma radicalità; 2) accettare Cristo non è aderire a una dottrina ma ad una persona. Gesù appare come un Maestro, e i discepoli devono abbandonare tutto, e seguire Lui. Si tratta di formare una nuova famiglia. Gesù suggerisce scelte molto radicali: “Lascia che i morti seppelliscano i morti”. Evidentemente Gesù non proibisce di onorare i genitori, ma, in forma paradossale, ricorda che anche la famiglia non deve diventare un ostacolo per Dio. E’ Dio lo scopo della vita, e la famiglia è un mezzo per seguire Cristo. Gesù non rinnega il valore della famiglia, ma invita a vivere in una famiglia “aperta” a Dio e non solo ai valori economici.  E’ utile ricordare che non avremmo mai avuto un Francesco di Assisi se questi non avesse avuto il coraggio di rompere i legami con la propria famiglia piccolo-borghese, di mettere Dio al primo posto.

*  In tutte le religioni, i grandi maestri hanno avuto discepoli; questo fenomeno è presente anche nella Bibbia. La sorte, non sapendo come far pagare ai grandi la loro grandezza, li castiga mandando loro i discepoli. Essendo discepolo, capisce di meno, tradisce o rimpicciolisce l’insegnamento del maestro, anche senza volerlo. Il maestro ha altri discepoli, e allora quel discepolo diventa geloso, vorrebbe essere il primo tra i secondi, e ognuno crede di essere lui il migliore interprete del maestro. Per darsi un tono, deforma il pensiero del maestro; in ogni discepolo c’è il seme di Giuda che ruba al venditore e truffa il compratore: parafrasa le frasi, complica le cose semplici, deforma i principi, allunga il vino buono e lo fa credere quintessenza. Eppure, di questi discepoli, nessuno ha potuto farne a meno perché il maestro, estraneo nella solitudine, ha bisogno di qualcuno che riceva le sue parole e le trasmetta; i discepoli sono ripugnanti e pericolosi ma necessari. Il maestro soffre se non trova discepoli, soffre di più quando li ha trovati. Cristo, accettando la fatica di essere uomo, soffrì più e prima dagli amici che dai nemici; i sacerdoti lo uccisero una volta nel corpo mentre i discepoli molte volte nell’anima. Giuda lo vendette una volta per appena 30 monete, i discepoli lo abbandonarono per molto meno. Il suo amico fidato, Pietro, lo rinnegò più di una volta in presenza di una servetta. La sua passione fu perfetta. Ma Cristo sapeva che, pur essendo selvaggi e ignoranti, essi erano generosi ed entusiasti. Alla fine, li avrebbe modellati come limo nella palude, che è fango, ma, modellato e cotto, diventa bellezza eterna. Agli apostoli molto va perdonato: nonostante tutto, ebbero fede in Cristo; lo amarono, narrato la sua vita e consegnato le sue parole.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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