XVIII Domenica tempo ordinario (C)

 

“Il denaro: la povertà dei ricchi!”

<<Commento di don Franco Galeone>>

(francescogaleone@libero.it)

 

 

*  La domenica “dell’uomo ricco ma stolto”. Si tratta di una pagina inquietante, come tante altre. Una pagina non facile ma che può renderci felici; ci può togliere il sonno, ma ci farà vivere meglio. Siamo davanti a una lezione di morale, di buon senso, che in tutte le culture e religioni ha trovato molti commentatori. Una sola citazione, quella di Virgilio, contenuta nell’Eneide: “Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames” (III, 57).

 

*  Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza; l’uomo cerca appassionatamente un fondamento su cui poggiare la vita, un punto di Archimede al quale appendere tutto e dal quale far dipendere tutto. Personalmente, ho maturato la convinzione che l’uomo cerca non tanto la verità quanto la sicurezza, la garanzia, la protezione. Ora, tutti – tranne i santi – scelgono come pietra angolare il denaro. Il denaro è tutto, si dice; il denaro è potere, anzi è il potere; senza denaro non hai, non sei nulla. Per avere denaro non c’è parentela che tenga: la divisione dell’eredità segna anche la divisione delle famiglie! 

 

* Ciò che più colpisce di questo ricco stolto è la sua solitudine; più che contare, lui parla con le ricchezze. Un uomo senza nome, senza volto, senza moglie, senza figli, senza amici. Solo tanta ricchezza, che invece di restare un mezzo, è diventata il fine di tutto, ma che diventa anche la sua fine, perché la ricchezza lo ha ingabbiato e intrappolato come nel celebre racconto “La giara” di Pirandello. E’diventato un gigante cieco, come Polifemo, capace di una forza immensa ma incapace di orientarsi; come il mitico Ulisse, incatenato all’albero della sua stessa nave e impossibilitato a liberarsi. Viene definito “stolto” questo ricco, perché fonda la sua sicurezza sull’avere e non sull’essere, sulla quantità e non sulla qualità, sull’idolo vuoto e impotente e non su Dio salvatore e onnipotente.

 

*  “Anima mia, riposati!”. Come se l’anima potesse mai riposare sicura, trovare pace nell’abbondanza. E’ qui l’errore: un rovesciamento di valori, un salto mortale (mortale!) dall’avere all’essere. Credere che la nostra anima possa mai essere placata dal possesso. Riposare, con lo stomaco pieno e in pace con Dio. Abbiamo sistemato il nostro stomaco e il nostro Dio: lo stomaco con la quantità del cibo, la nostra anima con l’osservanza di alcune regole. Con la nostra furbizia abbiamo sistemato per sempre il nostro benessere terreno; con la nostra osservanza pensiamo di esserci guadagnata la vita eterna. Ma è proprio in quel momento che sopravviene la morte, non la morte del corpo, come sembra suggerire la parabola, ma quella ancor più terribile, che è la morte dell’anima, che fa di noi dei cadaveri viventi.

 

*  “Stolto! Quello che hai preparato di chi sarà?”. Del figlio, naturalmente: il figlio, stupido come il padre, si trova coperto dall’oro dell’eredità; ed è pronto a dilapidare ciò che non gli è costato nulla. Al padre è toccata la fatica di seminare, al figlio la frenesia di sciupare; al padre il sudore della fatica, al figlio la follia di bruciare. Solo per denaro, tutto per denaro. E’ l’ideologia che ha sostituito ogni altra ideologia. E’ la droga che miete più vittime, il narcotico più ricercato. Da sempre il denaro ha tiranneggiato l’uomo, ma oggi ha assunto un significato assoluto. Non tanto il denaro per migliorare la propria condizione economica e sociale, ma il denaro per il denaro, l’avere per l’avere. Delitto e castigo! Non siamo mai stati tanto poveri, noi che abbiamo il superfluo e molto di più; non siamo mai stati così soli e impotenti dinanzi alla vita e alla morte, così vulnerabili  e insicuri, pur difesi da corazze d’oro.

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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