XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

Domenica 15 novembre 2015
XXXIII domenica del tempo ordinario (B)
Il cristiano costruisce nell’oggi il domani!
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)

L’anno liturgico volge al termine: domenica prossima sarà la solennità di Cristo re. Anche questa domenica ascoltiamo la stessa esortazione che abbiamo ascoltata all’inizio dell’anno liturgico, un anno fa, nella prima domenica di avvento: Vegliate … vigilate. Il cristiano è un pellegrino sulla terra, un esule verso la patria; la terra non è la sua stabile dimora ma la tappa di un viaggio; non deve costruire una casa di solida pietra ma una mobile tenda. La sua fede però non lo porta all’evasione, al disimpegno, alla rinuncia; egli lavora e non da solo, ma collabora con fatica perché il lavoro è duro, ma anche con fede perché si tratta del regno di Dio. Ora tocca agli uomini fare le loro scelte; essi possono decidere se costruire la Città dell’Amore o la Torre di Babele. Comprendere questo significa comprendere che il cristiano è l’uomo del futuro, nel senso che non è l’uomo che aspetta il futuro che gli sarà dato dopo la morte, ma piuttosto è l’uomo che costruisce il futuro.

L’apocalisse: una rivelazione e non una distruzione
L’Apocalisse non è una catastrofe ma una rivelazione. Il tempo della mietitura o della vendemmia sembra una catastrofe perché è falciare, tagliare, spremere … ma è anche il tempo del pane profumato, del vino generoso; anche la nascita del bambino, ricamato per nove mesi nel grembo della madre, è apocalisse e, nonostante i dolori del parto, è una festa. La fine del mondo non è l’agonia che provoca la morte, ma il parto che segna la nascita; l’apocalisse è la rivelazione di quanto abbiamo voluto, amato, cercato, e che un giorno splenderà, malgrado l’apparente trionfo del male. Dio non distruggerà questo mondo, che anche lui ha tanto amato, e non scenderà dal cielo un paradiso prefabbricato. Dio sta costruendo un mondo “diverso” in sinergia con l’uomo. Questa è la buona notizia: dare frutti finché siamo piantati nel terreno della vita. Se non ci convertiamo, la morte ce la portiamo sempre dentro, anche durante quella che noi chiamiamo vita; la morte non ci potrà rapinare di nulla, se della nostra vita abbiamo fatto un dono a Dio e un servizio ai fratelli.

La Parola ci giudicherà
Gesù ci avvisa che il giudizio non è lontano, esteriore, orizzontale, ma è vicino, verticale, interiore. Non dobbiamo immaginare Gesù come un giudice che verrà nell’ultimo giorno per la resa dei conti, ma noi stessi ci giudichiamo ogni giorno: Chi non accetta le mie parole, ha già chi lo condanna: la parola che ho annunciato, quella lo condannerà (Gv 12,47). Il giudizio avviene ogni giorno, come la luce brilla senza interruzione, ma noi preferiamo le tenebre alla luce. Noi siamo già passati dalla morte alla vita, se amiamo i nostri fratelli (1Gv 3,14). Avviene ogni momento il giudizio! Il credente non crede a una vita futura ma a una vita eterna, e se è eterna essa è già cominciata. Non dobbiamo raggiungere Gesù in un’altra vita, perché egli è con noi tutti i giorni: Questa è la vita eterna: che conoscano te, vero Dio, e il tuo figlio Gesù (Gv 17,3).

Il presente è gravido di futuro!
Il vangelo di oggi è tratto dal discorso escatologico che occupa tutto il capitolo 13 del vangelo di Marco. Il brano appartiene al genere letterario escatologico, parola greca che significa riflessione sulle realtà ultime, e spesso viene confuso con il genere letterario apocalittico. Escatologia significa riflessione sulle realtà ultime; apocalisse invece significa togliere il velo, rivelare, manifestare. Il motivo della confusione è che escatologia e apocalisse indagano sul futuro, ma c’è una grande differenza: l’escatologia presenta le realtà ultime in modo sobrio, senza troppe fantasie; l’apocalisse invece è più disinvolta, più pessimista, esaspera i toni, ricorre a simboli, scomoda gli elementi cosmici … Sono intrecciati due discorsi: la fine del mondo e la fine della mia vita; da un lato Gesù parla di crollo cosmico (sole, luna, astri, cieli, nubi, vento, terra), e dall’altro Gesù rifiuta di fare previsioni ed oroscopi. Calcolare la fine del mondo, ci fa capire, è uno sterile passatempo; invece attendere con vigilante operosità il Signore è un dovere, perché “quel giorno e quell’ora nessuno li conosce”. Il discepolo di Gesù è allora uomo del presente e uomo del futuro. Non è facile: alcuni sono tentati di vivere solo nel presente del carpe diem; altri sono tentati di attendere il futuro nella passività. Il vero problema non è sapere quando ma come restare vigilanti. Il credente sa che ogni istante è kairòs, tempo buono per decidersi. In ogni momento del presente si gioca il futuro. Un bel verso dello scrittore argentino J. L. Borges dice che ogni istante è carico come un’arma; lo stesso G. Leibniz: Il presente è gravido di futuro. Sì, il nostro futuro è già cominciato, il nostro destino lo stiamo pazientemente costruendo o ostinatamente distruggendo.

NB. Per quanti sono interessati, ricordo che ogni ultimo sabato, a partire dal 31 ottobre, riprenderà la celebrazione dell’Eucaristia in lingua originale del Signore, secondo il rito cattolico, presso la Sala G. Moscati (Parrocchia “Buon Pastore”- Caserta), alle ore 17.00. Queste le date:

2015: 28 novembre; 26 dicembre;
2016: 30 gennaio; 27 febbraio; 26 marzo; 30 aprile; 28 maggio; 25 giugno.

Un tempo di forte spiritualità
per riflettere sul profeta Isaia

אִמְרוּ֙ לְנִמְהֲרֵי־לֵ֔ב חִזְק֖וּ אַל־תִּירָ֑אוּ הִנֵּ֤ה אֱלֹֽהֵיכֶם֙ ה֥וּא יָב֖וֹא וְיֹשַׁעֲכֶֽם׃

Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete!
Ecco il vostro Dio! Egli viene e vi salverà (Is 35,4).
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Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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